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Introduzione
Con l’entrata in vigore dell’AI Act, l’Unione Europea si pone all’avanguardia nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale, introducendo un sistema basato sul rischio. Questo approccio distingue le AI in quattro categorie: rischio inaccettabile (vietate), alto rischio (regolamentate), rischio limitato (trasparenti) e rischio minimo (non regolamentate). Al vertice di questa classificazione si trovano le pratiche espressamente vietate dall’Articolo 5 dell’AI Act, in quanto considerate dannose per i diritti e le libertà fondamentali.
Le linee guida della Commissione Europea approfondiscono queste proibizioni, fornendo criteri interpretativi per evitare applicazioni ambigue della normativa. Le pratiche vietate includono:
- Manipolazione e inganno, tramite tecniche subliminali o manipolative.
- Sfruttamento delle vulnerabilità, rivolto a bambini, anziani o persone in difficoltà.
- Social scoring, ossia la valutazione delle persone basata su comportamenti sociali o personali.
- Predizione del rischio criminale individuale, basata esclusivamente su dati biometrici o profili personali.
- Scraping indiscriminato di immagini facciali, per creare database di riconoscimento senza consenso.
- Riconoscimento delle emozioni, vietato in scuole e luoghi di lavoro salvo eccezioni.
- Categorizzazione biometrica, usata per inferire razza, orientamento politico, religione e altro.
- Identificazione biometrica remota in tempo reale, vietata nei luoghi pubblici per la sorveglianza di massa.
L’adozione di questi divieti non è casuale, ma risponde a preoccupazioni concrete legate alla sorveglianza di massa, alla discriminazione automatizzata e alla manipolazione del comportamento umano. Inoltre, il regolamento introduce sanzioni severe, che possono arrivare fino a 35 milioni di euro o il 7% del fatturato globale per chi viola le disposizioni.
In questo articolo, analizzeremo nel dettaglio ciascuna pratica vietata, spiegando perché è considerata pericolosa, quali sono le implicazioni etiche e legali e quali sanzioni sono previste per chi non rispetta il regolamento.
1. Manipolazione e inganno: AI che usa tecniche subliminali o manipolative per distorcere il comportamento umano con effetti dannosi.
L’AI Act vieta l’uso di tecniche subliminali o manipolative che influenzano il comportamento umano senza che l’individuo ne sia consapevole. Questo divieto mira a proteggere la capacità decisionale autonoma e la libertà individuale. Le tecniche subliminali possono includere stimoli visivi o sonori impercettibili, messaggi nascosti in contenuti digitali o il condizionamento inconscio attraverso pattern di interazione con un sistema AI. La manipolazione può anche avvenire con sistemi di nudging avanzato, che spingono le persone a compiere azioni che altrimenti non avrebbero scelto. Un esempio concreto potrebbe essere un AI che modifica impercettibilmente il tono di un chatbot per influenzare le risposte dell’utente, spingendolo ad acquistare un prodotto o a fornire dati personali senza rendersene conto. Il divieto si applica solo se la manipolazione porta a un danno significativo, come la perdita di denaro, danni psicologici o discriminazioni. Questo divieto è particolarmente rilevante nel settore pubblicitario, dei social media e dell’e-commerce, dove tecniche persuasive avanzate potrebbero essere implementate per ottenere un vantaggio commerciale ingiusto.
2. Sfruttamento delle vulnerabilità: AI che approfitta di età, disabilità o situazioni socio-economiche per influenzare le decisioni delle persone.
Il Regolamento vieta gli AI che sfruttano vulnerabilità legate a età, disabilità o situazioni socio-economiche. Questo significa che i sistemi di intelligenza artificiale non possono approfittare della fragilità cognitiva dei bambini, della ridotta capacità di giudizio di persone con disabilità mentali o delle difficoltà finanziarie di chi si trova in situazioni di povertà. Un esempio potrebbe essere un chatbot finanziario che propone prestiti ad alto tasso d’interesse a persone economicamente vulnerabili, manipolandole affinché accettino condizioni sfavorevoli. Oppure, un giocattolo interattivo con AI che spinge un bambino a effettuare acquisti in-app senza la piena consapevolezza del genitore. Questo tipo di AI è considerato inaccettabile perché mina la dignità umana e può portare a danni economici e psicologici. Il divieto non si applica alle AI che forniscono assistenza inclusiva, come strumenti per persone con disabilità, a patto che non abusino della vulnerabilità dell’utente per fini ingannevoli.
3. Social scoring: Sistemi di valutazione basati su comportamenti sociali che portano a trattamenti discriminatori o sproporzionati.
L’AI Act proibisce il cosiddetto “social scoring”, ovvero la classificazione degli individui in base al loro comportamento sociale o alle loro caratteristiche personali. Questo divieto si ispira alla preoccupazione che tali sistemi possano portare a discriminazioni sistemiche e trattamenti iniqui. Ad esempio, un sistema AI che analizza le interazioni sui social media, il comportamento finanziario o la partecipazione a eventi politici per decidere chi può accedere a un prestito o a un impiego sarebbe vietato. In alcuni paesi, il social scoring è stato implementato per limitare l’accesso a servizi pubblici in base a criteri di affidabilità sociale, creando disuguaglianze e restrizioni ingiuste. L’AI Act non vieta tutte le forme di valutazione automatizzata (ad esempio, il credito scoring è ancora permesso), ma solo quelle che portano a trattamenti ingiustificati o sproporzionati in contesti non correlati ai dati analizzati.
4. Predizione del rischio criminale individuale: AI che valuta la probabilità di crimini basandosi solo su profili o tratti personali.
Questo divieto impedisce agli AI di valutare il rischio che una persona commetta un crimine sulla base di caratteristiche personali, profili psicologici o dati biometrici. Tali sistemi sono considerati pericolosi e discriminatori, perché potrebbero portare a pregiudizi razziali o sociali, violando il principio di presunzione d’innocenza. Ad esempio, un software che attribuisce un “punteggio di pericolosità” basato sul luogo di nascita, sulla situazione economica o sull’etnia di una persona sarebbe vietato. Tuttavia, l’AI Act non vieta l’uso di strumenti predittivi che si basano su dati oggettivi e verificabili, come la mappatura delle zone ad alto tasso di criminalità. L’obiettivo del divieto è evitare la profilazione ingiustificata e garantire che le valutazioni di rischio siano sempre supportate da elementi fattuali e verificabili.
5. Raccolta indiscriminata di immagini facciali: Uso dell’AI per costruire database di riconoscimento facciale tramite scraping di Internet o CCTV.
L’AI Act proibisce l’estrazione massiva e indiscriminata di immagini facciali per creare database di riconoscimento biometrico. Questa pratica, nota come “scraping”, è particolarmente controversa perché viola il diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali. Un esempio è l’uso di AI per raccogliere immagini dai social media o da telecamere di sorveglianza pubbliche senza il consenso degli interessati. Aziende come Clearview AI sono state criticate per aver creato database biometrici senza autorizzazione, e con l’AI Act tali pratiche diventano illegali. Questo divieto tutela la libertà individuale e il diritto alla privacy, garantendo che i dati biometrici siano raccolti solo in modi trasparenti e legittimi.
6. Riconoscimento delle emozioni: Vietato in ambienti di lavoro e istruzione, salvo eccezioni per scopi medici o di sicurezza.
Il divieto riguarda le AI utilizzate per rilevare le emozioni nei contesti di lavoro e istruzione, per evitare violazioni della privacy e discriminazioni. Sistemi di AI che analizzano espressioni facciali, tono di voce o gesti per valutare lo stato emotivo di una persona possono essere usati in modo invasivo. Ad esempio, un’azienda non può monitorare costantemente il livello di stress dei dipendenti tramite AI, né un’università può valutare gli studenti basandosi sulle loro reazioni emotive. Tuttavia, sono previste eccezioni per motivi medici o di sicurezza, come il monitoraggio dello stato d’animo di un paziente in terapia.
7. Categorizzazione biometrica: AI che deduce razza, orientamento politico, credo religioso, vita sessuale, ecc. da dati biometrici.
Questo divieto riguarda gli AI che utilizzano dati biometrici per classificare le persone in base a caratteristiche sensibili, come etnia, religione, orientamento sessuale o politico. Tali sistemi possono portare a discriminazioni e violazioni della privacy. Un esempio è un’AI che analizza tratti facciali per dedurre l’appartenenza etnica e influenzare decisioni di assunzione o concessione di prestiti. Il divieto si applica anche alle forze dell’ordine, tranne che per l’etichettatura di dati biometrici già raccolti legalmente.
8. Identificazione biometrica remota in tempo reale: Vietata nei luoghi pubblici per fini di polizia, salvo eccezioni specifiche.
L’uso di AI per il riconoscimento facciale in tempo reale nei luoghi pubblici è proibito, tranne in casi eccezionalicome la lotta al terrorismo o la ricerca di persone scomparse. Questa misura mira a prevenire la sorveglianza di massa e la violazione della privacy. Il divieto si applica alle forze di polizia, ma non vieta il riconoscimento facciale post-evento, ad esempio per identificare un sospetto dopo un crimine.
Conclusioni: Regolamentare l’AI tra Necessità e Rischi di Sovraregolamentazione
L’adozione dell’AI Act segna un punto di svolta per l’Unione Europea, ponendola come leader globale nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Le proibizioni stabilite mirano a prevenire abusi evidenti, come la manipolazione occulta, la sorveglianza indiscriminata e la discriminazione algoritmica. Tuttavia, questa strategia normativa solleva anche interrogativi critici: fino a che punto una regolamentazione sempre più stringente favorisce lo sviluppo di un’AI etica e sicura, e quando invece rischia di soffocare l’innovazione?
La necessità di norme chiare e vincolanti
L’intelligenza artificiale ha il potenziale di trasformare la società, ma può anche amplificare pregiudizi, violare la privacy e minacciare i diritti fondamentali. L’AI Act risponde proprio a queste preoccupazioni, imponendo limiti chiari e obblighi precisi agli sviluppatori e agli utilizzatori di AI. Senza una normativa solida, il rischio è quello di un far west tecnologico, dove le grandi aziende possono operare senza vincoli etici, mettendo a rischio la sicurezza delle persone. La regolamentazione, quindi, è indispensabile per garantire trasparenza e responsabilità nell’uso di queste tecnologie.
Il rischio della sovraregolamentazione
D’altro canto, l’eccessiva regolamentazione può avere effetti collaterali negativi. Imporre vincoli troppo rigidi potrebbe:
- Rallentare l’innovazione, creando ostacoli burocratici per startup e aziende europee, che potrebbero trovarsi in svantaggio rispetto ai competitor di USA e Cina, dove la regolamentazione è meno stringente.
- Scoraggiare investimenti e ricerca, poiché gli sviluppatori potrebbero preferire operare in paesi con meno restrizioni.
- Creare incertezze interpretative, costringendo le aziende a navigare in un panorama normativo complesso e soggetto a continue revisioni.
L’UE deve quindi trovare un equilibrio tra protezione dei diritti e libertà di innovazione, evitando che la regolamentazione diventi un freno anziché una guida per lo sviluppo tecnologico.
Ulteriori chiarimenti e il futuro dell’AI Act
Le linee guida della Commissione cercano di chiarire le norme, ma resta il rischio che l’AI Act debba essere continuamente aggiornato per adattarsi a nuove tecnologie. Il rapido sviluppo dell’AI richiede un approccio dinamico, con normative capaci di evolversi senza diventare obsolete o troppo restrittive.
In definitiva, l’AI Act è un primo passo importante, ma la sua efficacia dipenderà da come verrà applicato e aggiornato nel tempo. Se l’UE riuscirà a combinare regolamentazione e incentivi all’innovazione, potrà guidare il mondo verso un uso responsabile e sicuro dell’intelligenza artificiale, senza soffocare il progresso tecnologico.