Premessa
Iniziamo con oggi una rubrica bisettimanale per aiutare le imprese ad affrontare gli obbligi e gli adempimenti in materia di whistleblowing in vista della prossima scadenza del 17.12.2023.
Ricordiamo che con il decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24 (di seguito anche “Decreto”), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 2023, è stata recepita nell’ordinamento italiano la direttiva UE 2019/1937 riguardante “la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione” (cd. disciplina whistleblowing).
La direttiva europea rappresenta uno strumento efficace per contrastare e prevenire la corruzione e la cattiva amministrazione sia nel settore pubblico che in quello privato w si prefigge l’obiettivo di stabilire norme comuni volte a garantire un elevato livello di protezione per coloro che denunciano violazioni del diritto dell’Unione, offrendo canali di comunicazione sicuri sia all’interno che all’esterno delle organizzazioni. In casi specifici, è prevista la possibilità di effettuare la segnalazione anche attraverso la divulgazione pubblica tramite i media.
La nuova disciplina è finalizzata a garantire la libertà di espressione e di informazione, inclusi il diritto di ricevere e comunicare informazioni, e la tutela della libertà e del pluralismo dei media.
La disciplina in questione si concentra sull’individuazione e la prevenzione di comportamenti illeciti all’interno di organizzazioni pubbliche e private.
Il suo scopo principale è quello di motivare i dipendenti a denunciare qualsiasi attività dannosa per l’ente di appartenenza e, di conseguenza, per l’interesse pubblico collettivo.
Pertanto, garantire la protezione – sia in termini di tutela della riservatezza che di tutela da ritorsioni – dei soggetti che si espongono con segnalazioni, denunce o, come si vedrà, con il nuovo istituto della divulgazione pubblica, contribuisce all’emersione e alla prevenzione di rischi e situazioni pregiudizievoli per la stessa amministrazione o ente di appartenenza e, di riflesso, per l’interesse pubblico collettivo.
La protezione di chi segnala comportamenti illeciti viene ulteriormente rafforzata e estesa anche a coloro che facilitano la segnalazione o sono menzionati in essa.
Questa iniziativa dimostra l’intenzione del legislatore europeo e italiano di creare un sistema che tuteli la legalità e il corretto funzionamento delle amministrazioni ed enti pubblici.
Il Decreto abroga e modifica la precedente disciplina nazionale, unificando in un unico testo normativo il regime di protezione dei soggetti che segnalano condotte illecite.
Il regime attuale si applica sia al settore pubblico che privato e riguarda le violazioni delle leggi europee e nazionali che danneggiano l’interesse pubblico o l’integrità dell’ente, a condizione che siano fondate su motivi validi.
Il Decreto ha come obiettivo principale il recepimento della direttiva in modo da garantire una maggiore protezione dei diritti già riconosciuti nel nostro ordinamento, senza limitarne l’efficacia.
Il quadro normativo di riferimento è stato completato con le Linee Guida ANAC, adottate con delibera del 12 luglio 2023, che stabiliscono le procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni esterne, nonché i principi e le indicazioni che enti pubblici e privati possono utilizzare per i canali interni.
Il Decreto legislativo ha introdotto nuove disposizioni in materia di segnalazione di illeciti e di protezione del lavoratore che segnala, al fine di prevenire e contrastare la corruzione e la criminalità organizzata.
La normativa si applica a partire dal 15 luglio 2023, ma per le aziende del settore privato con meno di 249 dipendenti l’obbligo di istituire un canale interno di segnalazione avrà effetto dal 17 dicembre 2023. Fino a tale data, le aziende possono continuare ad applicare le norme previgenti del Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Il presente lavoro, pertanto, mira a orientare le imprese nell’applicazione della nuova disciplina e, in particolare, nell’istituzione e gestione del canale interno di segnalazione, ferma restando la libertà degli enti di adottare, nel rispetto del quadro regolatorio di riferimento, le soluzioni organizzative più adeguate in base alla propria struttura e governance
Le principali novità contenute nella nuova disciplina sono:
la specificazione dell’ambito soggettivo riguardante gli enti di diritto pubblico e privato, e l’espansione del numero di enti di diritto privato inclusi.
l’ampliamento del novero delle persone fisiche che possono essere protette per le segnalazioni, denunce o divulgazioni pubbliche;
l’espansione dell’ambito oggettivo, cioè di ciò che è considerato violazione rilevante ai fini della protezione, nonché distinzione tra ciò che è oggetto di protezione e ciò che non lo è;
la disciplina di tre canali di segnalazione e delle condizioni per accedervi: interno (negli enti con persona o ufficio dedicato oppure tramite un soggetto esterno con competenze specifiche), esterno (gestito da ANAC) nonché il canale della divulgazione pubblica;
l’indicazione di diverse modalità di presentazione delle segnalazioni, in forma scritta o orale;
la disciplina dettagliata degli obblighi di riservatezza e del trattamento dei dati personali
ricevuti, gestiti e comunicati da terzi o a terzi;
i chiarimenti su che cosa si intende per ritorsione e ampliamento della relativa casistica;
la disciplina sulla protezione delle persone segnalanti o che comunicano misure ritorsive offerte sia da ANAC che dall’autorità giudiziaria e maggiori indicazioni sulla responsabilità del segnalante e sulle scriminanti;
l’introduzione di apposite misure di sostegno per le persone segnalanti e il coinvolgimento, a tal fine, di enti del Terzo settore che abbiano competenze adeguate e che prestino la loro attività a titolo gratuito;
la revisione della disciplina delle sanzioni applicabili da ANAC e l’introduzione da parte dei soggetti privati di sanzioni nel sistema disciplinare adottato ai sensi del d.lgs. n. 231/2001.
Ambito soggettivo
Gli enti tenuti ad applicare la disciplina e a prevedere misure di tutela per il dipendente
che segnala gli illeciti, la norma si riferisce sia a soggetti del “settore pubblico”, che a quelli del
“settore privato”
I soggetti del settore pubblico sono
La nuova normativa prevede un ampliamento del numero di enti del settore pubblico che devono predisporre canali di segnalazione e attuare misure di tutela per coloro che denunciano illeciti.
Di seguito si descrivono in dettaglio gli enti del settore pubblico tenuti ad applicare il nuovo d.lgs.
n. 24/2023.
Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 165/20014.
Nella norma vi è l’elenco di pubbliche amministrazioni. Con riferimento agli enti pubblici
non economici è comunque necessario considerare le disposizioni normative e statutarie,
nonché gli indici elaborati dalla giurisprudenza (ad esempio gli ordini professionali ove
qualificati come tali a livello legislativo; le Autorità di sistema Portuale, definite dall’art.
6, co. 5 della legge n. 84/1994 come modificato dal d.lgs. n. 169/2016, “enti pubblici non
economici”);
Le Autorità amministrativa indipendenti. Si tratta, in particolare, di: Autorità garante della
concorrenza e del mercato, Commissione nazionale per le società e la borsa, Banca d’Italia,
Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, Autorità di regolazione dei trasporti, Autorità per
l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,
Garante per la protezione dei dati personali, Autorità nazionale anticorruzione,
Commissione di vigilanza sui fondi pensione e Commissione di garanzia dell’attuazione della
legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
Gli enti pubblici economici. Giova ricordare che ad essi si applica la disciplina sulla
prevenzione della corruzione e trasparenza al pari delle pubbliche amministrazioni, con il
limite della compatibilità;
Gli organismi di diritto pubblico ossia qualsiasi soggetto, anche aventi forma societaria: 1)
dotato di capacità giuridica; 2) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di
interesse generale, attraverso lo svolgimento di un’attività priva di carattere industriale o
commerciale; 3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti
pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia
soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione
o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli
enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico;
I concessionari di pubblico servizio. Si tratta dei soggetti cui è affidata da un soggetto
pubblico la gestione di un servizio pubblico con assunzione in capo ai concessionari di un
rischio operativo;
Gli enti di diritto privato in controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 del c.c. Si può
trattare di enti che rivestono forma “societaria” o di altri enti, ad esempio associazioni o
fondazioni.
I soggetti del settore privato sono quelli che:
Il d.lgs. n. 24/2023 include anche enti di diritto privato tra quelli tenuti a dare attuazione alla
disciplina.
Soggetti che hanno impiegato nell’ultimo anno la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato (art. 2, lett. q), n. 1);
Soggetti che, pur non avendo impiegato nell’ultimo anno la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, tuttavia, rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione ossia nel settore dei servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, della tutela dell’ambiente e della sicurezza dei
trasporti (art. 2, co. 1, lett. q), n. 2). Ciò che rileva principalmente, quindi, non è la consistenza dei lavoratori impiegati, quanto piuttosto i settori in cui operano.
Altri enti di diritto privato che, diversi dai quelli indicati al citato art. 2, co. 1, lett. q) n.
2, rientrano nell’ambito di applicazione del d.lgs. n. 231/2001 e adottano i modelli di
organizzazione e gestione ivi previsti se nell’ultimo anno hanno impiegato la media di
almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o
determinato.
Computo della media dei lavoratori impiegati nei soggetti del settore privato
Per stabilire se un’impresa supera la soglia dei 50 lavoratori, è necessario calcolare la media annua dei lavoratori impiegati nel settore privato.
Il criterio individuato da Anac
Per il calcolo della media annua dei lavoratori impiegati negli enti del settore privato, occorre fare riferimento, di volta in volta, all’ultimo anno solare precedente a quello in corso, salvo per le imprese di nuova costituzione per le quali si considera l’anno in corso.
Per le imprese che non sono di nuova costituzione, per calcolare il numero di lavoratori impiegati ai fini dell’obbligo di assunzione, si dovrà fare riferimento alla media annua dei dipendenti al 31 dicembre 2022. Successivamente, per le annualità successive, si terrà conto del computo dell’anno solare precedente, sempre al 31 dicembre.
Il riferimento all’ultimo anno solare precedente a quello in cui si effettua la segnalazione è un criterio previsto dalla legge per il calcolo della media annua dei lavoratori impiegati. Tale criterio consente alle imprese di adeguarsi tempestivamente agli eventuali adempimenti previsti.
L’ANAC ha fornito chiarimenti riguardo al calcolo della media dei lavoratori impiegati negli enti del settore privato. Per fare ciò, è necessario fare riferimento al valore medio degli addetti (Elaborazione dati INPS) al 31/12 dell’anno solare precedente, contenuto nelle visure camerali. Nel caso di nuove imprese, il valore medio calcolato nell’ultima visura deve essere preso come riferimento, poiché i dati vengono aggiornati trimestralmente.
Il richiamo alle visure camerali dovrebbe, stando ad alcune verifiche effettuate, comportare il computo “per teste” e cioè del numero complessivo di addetti, a prescindere dalla effettiva durata dei singoli rapporti di lavoro.
il criterio indicato da Confindustria
Per confindustria ai fini del computo dei lavoratori, si dovrebbe fare, invece, riferimento al dettato dell’art. 27 del D. lgs. n. 81/2015.
In particolare, tale norma citata stabilisce che: “[…] ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro”.
Pertanto, l’auspicio di Confindustria è che la prassi interpretativa si adegui prima possibile a questo sostrato normativo, consentendo di calcolare la media dei lavoratori in termini di “ULA” (unità lavorativa annua), ossia tenendo conto della effettiva durata di ciascun rapporto (fermo restando che il termine temporale di riferimento, in questo caso, non sarà di due anni – come previsto dal citato art. 27 – bensì di un anno, come previsto dall’art. 2 comma 1, lett. q) n.1) del Decreto).
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