L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) in Italia ha svolto un’attività di monitoraggio riguardante l’attuazione delle nuove normative sul whistleblowing, come previsto dal decreto legislativo 24/2023.
Questo decreto, che recepisce la Direttiva UE 2019/1937, impone l’istituzione di canali interni di segnalazione per il whistleblowing sia nel settore pubblico che in quello privato.
Alla fine del 2023, l’ANAC, con l’obiettivo di esplorare le problematiche legate all’implementazione del nuovo regime di whistleblowing introdotto dal d.lgs. n. 24/2023, ha lanciato un’indagine di monitoraggio. Questa indagine, su base volontaria e anonima, è stata aperta a tutti i soggetti, sia del settore pubblico che privato, che sono tenuti ad attivare il canale interno di segnalazione.
I dati e le informazioni raccolte dalle risposte al questionario sono stati analizzati dall’ANAC, che mirava a identificare le sfide nell’applicazione delle nuove normative sul whistleblowing.
I risultati di questa indagine intendono aiutare l’ANAC a fornire future linee guida generali, in particolare riguardo alla gestione dei canali di segnalazione interni.
I risultati dell’indagine dell’ANAC sono stati pubblicati in un rapporto, che delinea il feedback ricevuto dal questionario e l’analisi successiva. Questo rapporto fa parte degli sforzi dell’ANAC per affrontare le complessità emerse dal nuovo quadro legislativo e per supportare le organizzazioni nel conseguire la conformità con le disposizioni sul whistleblowing.
Chi ha partecipato al sondaggio?
Innanzitutto, è importante notare che alla rilevazione hanno partecipato un numero non elevato ma comunque variegato di soggetti, sia pubblici (319) che privati (213), oltre a un’associazione datoriale e quattro soggetti non riconducibili a un ente specifico.
Sebbene il campione non possa essere considerato rappresentativo dell’intera situazione attuale, i risultati sono comunque significativi poiché evidenziano una condizione in evoluzione e caratterizzata, in alcuni casi, da interpretazioni forzate e/o scelte applicative non pienamente in linea con il decreto legislativo 24/2023.
Anche se il campione potrebbe non riflettere in modo statisticamente rappresentativo la realtà a livello nazionale, i risultati ottenuti rivestono comunque un certo interesse.
Essi evidenziano una condizione ancora in fase di sviluppo e, sotto certi aspetti, non completamente conforme al Decreto Legislativo n. 24/2023, che attua la direttiva europea sul whistleblowing.
Nel settore pubblico
Partendo dal presupposto che, nel settore pubblico e in conformità all’articolo 4.5 del Decreto Legislativo n. 24/2023, sia compito del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) occuparsi della gestione del canale di segnalazione whistleblowing, l’ANAC sottolinea che un numero (ristretto) di soggetti pubblici coinvolti nel monitoraggio ha erroneamente indicato di non essere obbligato alla nomina del RPCT.
Questo, nonostante la nomina sia chiaramente richiesta dalla legge n. 190/2013, volta alla prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nell’amministrazione pubblica.
Questo solleva notevoli dubbi riguardo alla completa comprensione del tema all’interno della Pubblica Amministrazione: a meno che il quesito non sia stato interpretato erroneamente, tale risposta costituisce motivo di preoccupazione. E ciò non riguarda solo il whistleblowing, ma anche perché il RPCT ha il compito di presiedere a importanti obblighi in materia di anticorruzione e trasparenza nella PA.
In alcuni casi isolati, dove è stata istituita una struttura di supporto per assistere il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza nella gestione delle segnalazioni (un’azione che ne rafforza le funzioni), alcuni enti hanno riferito di non aver concesso ai membri di tale struttura l’autorizzazione al trattamento dei dati. È auspicabile che queste autorizzazioni vengano rilasciate con prontezza.
Segnalazioni anonime
Il tema delle segnalazioni anonime nel contesto del whistleblowing è stato oggetto di discussione e di recenti sviluppi normativi in Italia. Il Decreto Legislativo n. 24/2023 ha introdotto importanti novità in materia di whistleblowing, recependo la Direttiva UE 2019/1937 e modificando la disciplina precedente.
Il trattamento delle segnalazioni anonime non è stato esplicitamente disciplinato dal Decreto n. 24/2023. Tuttavia, è stato chiarito che le segnalazioni anonime non possono essere ignorate e devono essere gestite secondo i medesimi criteri delle segnalazioni non anonime
Inoltre, se il segnalante anonimo viene successivamente identificato e ha subito ritorsioni, le misure di protezione previste per tutti i whistleblower gli saranno estese
Solo alcuni dei partecipanti al monitoraggio hanno dichiarato di aver ricevuto segnalazioni di questo tipo; nella maggior parte dei casi, queste vengono gestite come segnalazioni di whistleblowing, anziché essere sottoposte al trattamento ordinario previsto dalle procedure interne, come raccomandato dalle Linee Guida ANAC sul whistleblowing.
Questo approccio è positivo perché: i) si dimostra più protettivo, applicando direttamente le misure di tutela per chi effettua la segnalazione e ii) permette di avviare il processo specifico di gestione della segnalazione per il caso in questione.
Condivisione del canale interno di segnalazione
La condivisione del canale interno di segnalazione whistleblowing è una pratica che può essere adottata da gruppi di imprese o enti pubblici per gestire le segnalazioni di illeciti in maniera più efficiente e centralizzata. Questa possibilità è stata introdotta con il recepimento della Direttiva UE 2019/1937 attraverso il Decreto Legislativo n. 24 del 10 marzo 2023
Condivisione tra Imprese
Per quanto riguarda il settore privato, il Decreto Legislativo n. 24/2023 consente alle imprese con 50 o più dipendenti di dotarsi di un proprio canale interno di segnalazione.
Tuttavia, è prevista la possibilità per le imprese che hanno impiegato, nell’ultimo anno, da 50 a 249 lavoratori di condividere le risorse per il ricevimento delle segnalazioni e delle eventuali indagini senza che ciò pregiudichi l’obbligo di mantenere la riservatezza, di fornire un riscontro al segnalante e di gestire la relativa segnalazione48.
Condivisione nel Settore Pubblico
Nel settore pubblico, la condivisione del canale di segnalazione interna è estensibile anche alle pubbliche amministrazioni, in particolare dai comuni diversi dai capoluoghi di provincia
Aspetti Legali e di Privacy
Quando si condivide un canale di segnalazione, è fondamentale considerare gli aspetti legali e di privacy. Gli enti coinvolti nella condivisione del canale interno sono considerati contitolari del trattamento dei dati personali, e come tali devono definire in un accordo le rispettive responsabilità in merito all’osservanza delle norme sulla privacy
Linee Guida e Best Practices
L’ANAC nelle proprie Linee guida ritiene poi applicabile tale possibilità anche ai soggetti pubblici di minori dimensioni, individuabili con quelli sotto la soglia dimensionale di cinquanta dipendenti indicata dal legislatore per l’adozione del Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO).
Dai dati raccolti emerge che la maggioranza ha optato per non utilizzare un canale condiviso (75% nel settore pubblico e 58% in quello privato); d’altra parte, alcuni enti privati con oltre 249 dipendenti hanno indicato di aver adottato un canale condiviso, nonostante ciò non sia contemplato dal Decreto Legislativo n. 24/2023.
Questo potrebbe indicare che tali enti fanno parte di gruppi aziendali e, in questo contesto, sarebbe più appropriato orientarsi verso una soluzione diversa, come l’affidamento della gestione del canale a un’entità esterna ma appartenente al gruppo, piuttosto che optare per la condivisione del canale stesso.
Occorre, quindi, che le organizzazioni interessate provvedano per la relativa sistemazione.
Afflusso delle segnalazioni
La percentuale di enti che hanno ricevuto segnalazioni di whistleblowing è stata limitata (17% per il settore pubblico e 30% per quello privato);
la maggior parte di queste segnalazioni proviene dai propri dipendenti.
Questo potrebbe indicare una generale mancanza di informazione riguardo a questo strumento, soprattutto nei confronti di soggetti esterni (come dipendenti di fornitori o consulenti) che hanno la possibilità di effettuare segnalazioni.
Tempi di lavorazione
Sia nel settore pubblico che in quello privato, la maggior parte delle organizzazioni che hanno ricevuto segnalazioni non ha riscontrato problemi relativi ai tempi di gestione delle stesse.
Tuttavia, sono state segnalate alcune difficoltà, ad esempio a causa della complessità delle questioni da esaminare e, in misura minore, per la mancanza di personale dedicato a questa attività.
Assetto del canale di segnalazione interno
Il Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24 prevede che le segnalazioni possano essere effettuate in forma scritta, anche tramite modalità informatiche, o in forma orale.
Questo include l’uso di linee telefoniche, forme di messaggistica o incontri diretti
Questa disposizione è parte dell’attuazione della direttiva (UE) 2019/1937, che mira a garantire un elevato livello di protezione per i whistleblower, ovvero coloro che segnalano violazioni del diritto dell’Unione Europea.
La scelta del canale informatico
L’articolo 4 del decreto legislativo 24/2023 stabilisce che le segnalazioni possono essere effettuate sia in forma scritta, anche attraverso modalità informatiche, sia oralmente, e richiede canali di segnalazione che assicurino la riservatezza, anche mediante l’uso di strumenti di crittografia.
Tuttavia, dal testo non emerge chiaramente l’obbligo di adottare una piattaforma IT per le segnalazioni in modalità informatica, sebbene l’articolo 7 specifichi che l’ANAC deve implementare una piattaforma informatica per il suo canale esterno.
Nelle sue Linee Guida, l’ANAC suggerisce che per il canale interno dovrebbe essere implementata una piattaforma e, in modo più esplicito, nel documento in esame si parla dell'”obbligo di attivare una piattaforma come previsto dal D.lgs. n. 24/2023″.
Data la situazione, considerato che la modalità informatica menzionata nel decreto potrebbe limitarsi a comunicazioni elettroniche (criptate e strutturate in modo da non permettere l’identificazione del mittente, ad esempio attraverso l’indirizzo IP o i metadati), sarebbe opportuno, se non necessario, un chiarimento da parte dell’ANAC per risolvere i dubbi sull’obbligatorietà di una piattaforma informatica (che dovrebbe essere considerata la soluzione preferibile anche per i maggiori livelli di sicurezza che permette) o sulla mera preferenza per la sua adozione.
La scelta tra canale scritto e canale informatico
Sarebbe inoltre utile chiarire se esista la possibilità, piuttosto che l’obbligo, per l’organizzazione interessata di implementare entrambe le modalità di segnalazione scritta (informatica o su supporto cartaceo) o se sia sufficiente adottarne almeno una delle due, a condizione che sia reso disponibile anche un canale orale per le segnalazioni.
Assetto del canale di segnalazione interno: settore pubblico
Due terzi delle entità pubbliche hanno indicato di utilizzare una piattaforma IT.
Dall’analisi dell’URL, l’ANAC ha evidenziato che nella quasi totalità dei casi le PA si affidano a una piattaforma fornita da Transparency International Italia (con il coinvolgimento di altri due soggetti correlati, come emerge dalla documentazione online), un’associazione di promozione sociale (APS) attiva nella lotta contro la corruzione.
Transparency International Italia è la sezione italiana di Transparency International, un’organizzazione globale che opera in oltre 100 paesi con l’obiettivo di porre fine all’ingiustizia della corruzione promuovendo trasparenza, responsabilità e integrità.
L’organizzazione si impegna in attività di ricerca e analisi, advocacy, supporto ai segnalanti (whistleblowing), educazione e diffusione di buone pratiche nella pubblica amministrazione, oltre al monitoraggio civico
Transparency International Italia offre un servizio chiamato ALAC (Anti-Corruption Legal Advice Centre), che fornisce consulenza legale gratuita e confidenziale, permettendo alle persone di segnalare in sicurezza casi di corruzione1. Inoltre, propone uno schema di procedura per la gestione delle segnalazioni di illeciti o irregolarità che possono emergere sul posto di lavoro, attraverso la piattaforma WhistleblowingPA, che deve essere adeguata alla realtà di ogni ente
Questa APS è inclusa, in base a una convenzione stipulata con l’ANAC, nell’elenco degli enti del Terzo settore che, ai sensi dell’art. 18 del D.lgs. 24/2023, offrono supporto gratuito alle persone che effettuano segnalazioni.
Data la potenziale doppia funzione di tale APS:
i) come fornitore della piattaforma per l’ente (e quindi responsabile del trattamento dei dati)
ii) se richiesto, come soggetto che offre supporto al segnalante (diventando in questo caso titolare del trattamento dei dati),
è necessario che i processi siano accuratamente organizzati per evitare sovrapposizioni e garantire sia per progettazione che per impostazione predefinita la riservatezza del segnalante e di altri soggetti coinvolti.
Le ragioni fornite dagli enti che non hanno implementato una piattaforma informatica sono varie, tra cui:
- Mancanza di personale specializzato da impiegare nella gestione della piattaforma (inclusi enti di grandi dimensioni);
- Convincimento riguardo l’innecessità di tale sistema, spesso motivato dalle ridotte dimensioni dell’ente;
- Insufficienza di risorse finanziarie per avviare la piattaforma, sia in modo indipendente che affidandosi a fornitori esterni per la sua implementazione.
Inoltre, una parte degli enti del campione pubblico ha indicato di aver adottato metodi alternativi alla piattaforma informatica poiché non ricevono segnalazioni.
Riguardo alle altre forme di segnalazione scritta, sia in aggiunta che in alternativa alla piattaforma IT, limitando l’analisi alla Posta Elettronica Certificata (PEC) e alla Posta Elettronica Ordinaria (PEO), il 33% degli enti utilizza la PEC e il 41% si avvale della PEO.
Sarebbe utile che l’ANAC desse indicazioni specifiche sulle prassi basate sull’uso della Posta Elettronica Certificata (PEC) e della Posta Elettronica Ordinaria (PEO), considerate inadeguate a garantire la riservatezza se adottate senza misure di protezione aggiuntive. Inoltre, sarebbe opportuno sollecitare l’attivazione del canale orale a supporto del whistleblower, laddove questo non sia stato ancora implementato.
Tuttavia, solo una minoranza di enti ha implementato misure di sicurezza aggiuntive per questi canali, non aderendo così alla raccomandazione contenuta nelle Linee Guida ANAC, secondo cui “La posta elettronica ordinaria e la PEC sono considerate strumenti non adeguati a garantire la riservatezza”.
Riguardo al canale orale, questo viene indicato come poco prediletto dai whistleblower.
Quando viene adottato tale canale, si organizza un incontro diretto con il segnalante in un luogo riservato, che può essere anche esterno alla sede dell’organizzazione, al fine di assicurare la riservatezza sia del segnalante che del contenuto della segnalazione.
È importante sottolineare che esiste ancora una significativa percentuale di enti, il 52%, che ha indicato di non aver implementato la possibilità di effettuare segnalazioni orali.
Assetto del canale di segnalazione interno: settore privato
Non si discosta molto la percentuale nel settore pubblico (60%) rispetto agli enti privati che hanno partecipato e che hanno implementato una piattaforma informatica per il whistleblowing. Dall’analisi degli URL effettuata dall’ANAC, si osserva che sono state adottate diverse soluzioni proposte da operatori del settore, inclusa quella precedentemente menzionata per la PA. Tuttavia, sono state anche segnalate piattaforme sviluppate su misura dai singoli enti.
Riguardo alle caratteristiche delle piattaforme utilizzate, nella maggior parte dei casi queste sono:
i) acquisite come servizio cloud;
ii) progettate specificamente per la gestione delle segnalazioni di whistleblowing;
iii) dotate di sistemi di cifratura sia per i dati in transito che per quelli a riposo;
iv) equipaggiate con funzionalità specifiche per facilitare l’adempimento dei requisiti di privacy e per la gestione del processo di segnalazione.
Per quanto riguarda le altre forme di segnalazione scritta, indipendentemente dall’uso di una piattaforma IT, il 23% degli intervistati utilizza la Posta Elettronica Certificata (PEC) e il 31% la Posta Elettronica Ordinaria (PEO).
Circa due terzi degli enti del settore privato hanno anch’essi previsto la possibilità di effettuare segnalazioni orali.
Similmente a quanto avviene nel settore pubblico, anche in questo caso si osserva una preferenza da parte dei segnalanti per la forma scritta.
Relativamente alla gestione del canale di segnalazione,
Il gestore delle segnalazioni di whistleblowing è spesso un soggetto già presente all’interno dell’ente.
Nel settore privato, il 20% degli enti ha indicato di aver assegnato questo incarico alla funzione di internal audit;
il 39% ad altre funzioni aziendali quali compliance e risorse umane;
il 22% all’Organismo di Vigilanza (OdV);
il 2% a Comitati Etici.
Nel settore pubblico, il Decreto Legislativo n. 24 stabilisce che tale ruolo debba essere ricoperto dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT), nei casi in cui la nomina di questa figura sia obbligatoria.
l’analisi ha rivelato che i soggetti coinvolti sono stati frequentemente identificati in ruoli quali:
Organismo di Vigilanza (OdV)
Responsabile delle Risorse Umane
Responsabili Compliance e Internal Audit
Comitato Whistleblowing
Comitato Etico
Uffici Legali
In altri casi, meno frequenti, si è optato per soggetti esterni, preferendo in queste circostanze affidarsi a una persona fisica, come un consulente o un avvocato.
Per quanto riguarda i compiti attribuiti al gestore e le modalità di coordinamento con gli uffici interni all’ente o all’amministrazione, dalle osservazioni dell’ANAC emerge che non sempre sembra essere assicurata autonomia, indipendenza e imparzialità nell’attività del gestore. Questo aspetto diventa particolarmente critico quando le segnalazioni potrebbero coinvolgere figure apicali dell’azienda e/o organi di controllo incaricati di sovrintendere all’operato del gestore stesso.
Riguardo agli aspetti legati alla privacy, non tutti gli enti hanno indicato che l’interazione con altri uffici o soggetti avviene nel pieno rispetto della legislazione vigente in materia.
Procedura di segnalazione
Contrariamente a quanto raccomandato nelle Linee Guida ANAC, non sempre:
a) la procedura di gestione delle segnalazioni è stata formalizzata attraverso un apposito atto organizzativo
b) sono state consultate le Organizzazioni Sindacali, come previsto dal Decreto Legislativo 24/2023.
Formazione
La maggior parte delle amministrazioni pubbliche e degli enti privati afferma di aver programmato (o di avere l’intenzione di farlo) iniziative formative per il proprio personale, allo scopo di diffondere le finalità del whistleblowing e la procedura per il suo utilizzo. Tuttavia, si evidenzia che una percentuale del 25% nel settore pubblico e del 12% nel settore privato non ha intenzione di intraprendere azioni in questo senso.
L’attenzione dedicata alla formazione riguardante il canale orale delle segnalazioni risulta essere meno significativa.
Situazione in itinere per l’affermazione del whistleblowing
In sintesi, si evidenzia una situazione ancora in evoluzione per l’affermazione del whistleblowing in versione “europea”: il processo non ha ancora raggiunto un livello di maturità adeguato e si osservano diverse non conformità, anche di rilievo, sia nel settore pubblico, che in teoria dovrebbe essere più familiare con questo strumento, sia nel settore privato.
Ora spetta all’ANAC definire le azioni per guidare le organizzazioni verso un’adesione tempestiva e completa alle normative e alle raccomandazioni delineate nelle proprie Linee Guida, affrontando i vari punti di disaccordo.
La legge ha potenziato l’ANAC, aumentando il personale e le risorse per sviluppare una propria piattaforma per la gestione delle segnalazioni esterne, e ha introdotto sanzioni per varie violazioni, tra cui la mancata implementazione di canali di segnalazione, l’assenza di procedure per effettuare e gestire le segnalazioni o l’adozione di procedure non conformi alle disposizioni del D.lgs. 24/2023.
Di conseguenza, è desiderabile che il sistema diventi operativo rapidamente, senza la necessità di ricorrere a misure punitive da parte dell’Autorità.
Tuttavia, anche le varie organizzazioni possono prendere spunto dal documento in esame per apportare miglioramenti, laddove necessario, alle proprie strategie.
Ruolo delle OO.SS.
Genera sorpresa il fatto che alcune organizzazioni, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato, abbiano omesso di consultare le Organizzazioni Sindacali (OO.SS.) in fase di implementazione del sistema di whistleblowing.
Questo processo, essendo aperto al contributo di tutte le parti interessate, si avvale significativamente del ruolo di garanzia e protezione che le OO.SS. svolgono riguardo ai diritti di cittadinanza organizzativa dei lavoratori, non solo durante l’istituzione del canale interno, ma anche nel contrasto a possibili azioni volte a ostacolare o stigmatizzare il whistleblowing e a pratiche ritorsive di cui potrebbero essere informate (sebbene, con la nuova normativa, non abbiano più il diritto di segnalarle all’ANAC).
Inoltre, per quanto riguarda il ruolo del Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT), sarebbe opportuno adottare tutte le misure necessarie affinché tutte le entità pubbliche obbligate procedano alla sua nomina, contribuendo così efficacemente alla lotta contro la corruzione con l’importante contributo di questa figura.
Il caso
Sanzione disciplinare al militare whistleblower per motivi personali
Il Tar Molise ha ritenuto che le segnalazioni non riestrassero nella casistica prevista dalle linee guida Anac
Un whistleblower militare è stato sottoposto a sanzioni disciplinari per motivi personali.
Il caso si concentra sulla contestazione di una sanzione disciplinare inflitta a un appuntato dei Carabinieri che aveva segnalato alla Questura comportamenti illeciti di due colleghi, considerati reati, e sulla decisione di respingere il ricorso gerarchico successivamente avanzato dal militare.
Dalla sentenza n. 313/2023 emerge che il punto di partenza della decisione riguarda i fatti contestati al ricorrente, che hanno portato alla sanzione disciplinare.
Questi fatti includono la mancata comunicazione da parte del ricorrente delle denunce fatte nei confronti di due colleghi per episodi avvenuti nel contesto lavorativo e legati al servizio, e la conseguente scoperta tardiva e casuale di tali eventi da parte dell’Amministrazione di appartenenza.
Il 1 aprile 2024, è stato riportato che il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Molise ha esaminato la questione complessa del whistleblowing all’interno delle forze armate, collegandola all’obbligo del personale militare di segnalare tempestivamente qualsiasi evento che possa avere impatti sul servizio.
Questo obbligo è specificato nell’articolo 748, comma V, lettera b) del Decreto Presidenziale 15 marzo 2010, n. 90, meglio conosciuto come “Testo Unico delle Disposizioni Regolamentari sull’Ordinamento Militare”.
La sentenza n. 313 del 24 novembre 2023, emessa dalla Prima Sezione del TAR per il Molise a Campobasso, approfondisce il fenomeno del whistleblowing nel contesto militare, facendo riferimento all’articolo 748, comma V, lettera b) del suddetto decreto, che impone ai militari il dovere di segnalare prontamente eventi che possano influenzare il servizio.
Il caso in questione, deciso il 24 novembre 2023 con la sentenza numero 313, ha concluso che le segnalazioni del whistleblower fossero motivate da ragioni personali piuttosto che da una genuina preoccupazione per l’interesse pubblico o l’integrità organizzativa. Questa decisione implica che le azioni del whistleblower non rientrino nelle protezioni tipicamente concesse a coloro che segnalano comportamenti scorretti o attività illegali all’interno delle loro organizzazioni.
Il Collegio del TAR del Molise ha preso in considerazione la delibera più recente dell’ANAC, datata 9 giugno 2021, numero 469.
Per beneficiare della protezione prevista dall’articolo 54 bis, il paragrafo 2.1 delle linee guida stabilisce specifici requisiti per la segnalazione, desumibili direttamente dal testo della legge.
Primo, il segnalante deve essere un dipendente pubblico.
Secondo, la segnalazione deve riguardare atti illeciti, che verranno specificati in dettaglio.
Terzo, la conoscenza di tali atti deve derivare dal rapporto di lavoro del segnalante. Inoltre, lo scopo della segnalazione deve essere la salvaguardia dell’integrità amministrativa.
Infine, i destinatari della segnalazione possono essere il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, l’Autorità Nazionale Anticorruzione o l’Autorità Giudiziaria, sia ordinaria che contabile.
Il paragrafo 2.2 del provvedimento approfondisce l'”Oggetto della segnalazione”, includendo nuovamente i reati contro la Pubblica Amministrazione previsti dal Codice Penale, nonché le condotte “improprie” dei funzionari pubblici.
Queste ultime sono azioni volte a favorire interessi privati, sia personali sia di terzi, che possono compromettere l’efficienza e l’imparzialità dell’azione amministrativa, deviandola dalla protezione degli interessi pubblici.
Le linee guida ampliano il concetto di condotte illecite, considerando non solo quelle effettivamente realizzate, ma anche situazioni che il segnalante “ritenga ragionevolmente possano verificarsi”, basandosi su elementi precisi e concordanti.
Tuttavia, il testo chiarisce senza ambiguità che la tutela prevista dall’articolo 54 bis del decreto legislativo 165/2001 non si applica a segnalazioni di fatti già noti, infondati o basati su semplici “rumors”.
Il parere dal Consiglio di Stato n. 615/2020
Come sottolineato dal Consiglio di Stato nel parere n. 615/2020, citato nel caso in questione, e dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise di Campobasso nella sentenza n. 313/2023, è fondamentale definire chiaramente i limiti di applicazione della tutela prevista dall’articolo 54 bis.
Questo chiarimento è necessario per prevenire l’uso improprio della normativa sul whistleblowing da parte dei dipendenti pubblici che potrebbero mirare a perseguire interessi personali o rivendicazioni nei confronti delle autorità datoriali.
Secondo ulteriori pronunciamenti del Consiglio di Stato, ribaditi dalla sentenza in discussione, il whistleblowing non può essere impiegato per fini prettamente personali o per sollevare contestazioni o rivendicazioni relative al rapporto di lavoro con i superiori. Questi tipi di conflitti, infatti, sono regolati da altre norme e procedure specifiche.
A ben vedere, gli “oggetti” delle denunce effettuate dal militare, nel caso di specie, non integrano quegli illeciti descritti dalle Linee guida che rendono applicabile la normativa dettata in materia di whistleblowing ex articolo 54 bis del Decreto Legislativo 165/2001.
in quanto emerge chiaramente un interesse personale del ricorrente, integrante un’ipotesi di rivendicazione lavorativa nei confronti dei superiori gerarchici.