La sentenza n. 46188 della Corte di Cassazione italiana, Sezione 3, del 16 novembre 2023, riguarda l’installazione non autorizzata di telecamere di sorveglianza.
Il caso coinvolgeva un proprietario di un bar, identificato come C.M., che era stato inizialmente ritenuto colpevole dal Tribunale di Messina per aver installato un sistema di videosorveglianza senza l’autorizzazione legale richiesta, violando l’articolo 4 della legge n. 300 del 1970. Il proprietario del bar è stato multato di €3.000.
C.M. ha presentato ricorso contro la decisione alla Corte di Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, di non avere dipendenti.
La Corte di Cassazione ha annullato la decisione iniziale, affermando che il reato in questione presuppone la presenza di lavoratori nell’area coperta dal sistema di videosorveglianza.
La Corte ha argomentato che lo scopo della legge è quello di impedire ai datori di lavoro di installare sistemi audiovisivi e altri dispositivi che potrebbero essere utilizzati per monitorare a distanza le attività dei propri dipendenti.
La Corte ha anche sottolineato due elementi importanti.
In primo luogo, la presenza di lavoratori dove è installato il sistema di videosorveglianza è un “requisito indispensabile affinché il reato sia costituito”.
In secondo luogo, la violazione della legge non si verifica quando il sistema di videosorveglianza è “strettamente funzionale alla protezione dei beni dell’azienda”, anche se installato senza il consenso dei rappresentanti sindacali o le autorizzazioni, a condizione che il suo utilizzo “non comporti un controllo significativo sulle normali prestazioni del lavoro”.
La ratio dell’art. 4 delllo SdL
La Corte ha argomentato che lo scopo della legge è quello di impedire ai datori di lavoro di installare sistemi audiovisivi e altri dispositivi che potrebbero essere utilizzati per monitorare a distanza le attività dei propri dipendenti
L’Equilibrio tra Sicurezza Aziendale e Privacy dei Lavoratori: Una Nuova Interpretazione Giuridica
La questione centrale si articola attorno agli articoli 4 e 38 della legge n. 300 del 1970, noti per aver stabilito un regime di garanzie a protezione dei lavoratori contro i controlli a distanza.
La sentenza in esame chiarisce che l’installazione di sistemi audiovisivi o di controllo a distanza può non rientrare nella violazione normativa qualora sia “strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale”.
Ciò significa che, pur in assenza dell’accordo sindacale o dell’autorizzazione dell’Ispettorato, l’uso di tali dispositivi potrebbe essere considerato lecito, a patto che non si traduca in un controllo invasivo sull’operato quotidiano dei dipendenti e che la sua finalità sia circoscritta alla prevenzione o all’individuazione di gravi illeciti.
Questa interpretazione solleva questioni importanti in termini di bilanciamento tra i diritti dei lavoratori e le esigenze di sicurezza delle aziende.
Da un lato, si riconosce la legittimità dell’impiego di tecnologie volte a prevenire danni all’azienda; dall’altro, si ribadisce la necessità di contenere l’intrusività di tali misure per non ledere la sfera privata dei lavoratori.
Ecco un esempio di articolo che potrebbe essere scritto sulla base delle informazioni fornite:
Privacy sul Lavoro: La Salvaguardia tra Innovazione e Tradizione Giuridica
La privacy dei lavoratori in Italia è sostenuta da una robusta cornice legislativa che riflette la crescente complessità delle tecnologie di sorveglianza. La legge 300/1970, comunemente nota come lo Statuto dei lavoratori, insieme al Dlgs 196/2003 — il Codice in materia di protezione dei dati personali — costituisce il fondamento su cui poggia il diritto alla riservatezza nell’ambiente lavorativo.
Il legislatore italiano, interpretando le esigenze di un mondo del lavoro in rapida evoluzione, ha stabilito che l’installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo non può avvenire senza un accordo con le rappresentanze sindacali o un’autorizzazione preventiva rilasciata dall’Ispettorato del lavoro.
Questa misura si configura non solo come un obbligo legale ma, in mancanza, come un vero e proprio reato di pericolo, evidenziando la serietà con cui si intende proteggere l’integrità personale e professionale dei lavoratori.
Il rispetto di questa disciplina garantisce che ogni decisione relativa all’implementazione di tecnologie di sorveglianza sia frutto di una riflessione condivisa e non un’imposizione unilaterale dell’impresa. È un principio che trova radici profonde negli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori e negli articoli 114 e 171 del Codice della Privacy, che insieme formano una barriera contro l’abuso potenziale delle tecnologie di controllo.
Videosorveglianza e AI
La resistenza alla sorveglianza dell’intelligenza artificiale (IA) sul lavoro è un fenomeno in crescita, alimentato da preoccupazioni riguardanti la privacy, l’equità e l’autonomia dei lavoratori.
Le tecnologie di sorveglianza basate sull’IA, che vanno dalla registrazione delle battiture sui tasti alla monitorizzazione delle pause bagno, stanno diventando sempre più pervasive nei luoghi di lavoro.
Queste tecnologie possono portare a errori che si traducono in tagli di stipendio ingiusti o licenziamenti, e spesso i lavoratori non sanno quali strumenti di monitoraggio vengono utilizzati o come i dati raccolti vengono utilizzati per valutare le loro prestazioni
In Europa, molti sindacati stanno spingendo da anni per protezioni contro alcune delle modalità più invasive di sorveglianza sul lavoro.
La sorveglianza sul lavoro può avere un impatto negativo sulla soddisfazione lavorativa e sullo stress dei dipendenti. Tuttavia, l’IA può anche avere effetti positivi sulla qualità del lavoro, automatizzando compiti ripetitivi e noiosi e ampliando la gamma di compiti svolti dai lavoratori. L’IA può anche cambiare il modo in cui i manager eseguono i loro compiti e, in alcuni casi, può addirittura diventare il manager-
Per mitigare le preoccupazioni dei lavoratori, le organizzazioni che utilizzano tecnologie di sorveglianza sul lavoro dovrebbero essere trasparenti con i dipendenti riguardo allo scopo della sorveglianza e a come i dati saranno utilizzati. Inoltre, dovrebbero ottenere il consenso dei dipendenti prima di implementare misure di sorveglianza[5].
Il boom dell’intelligenza artificiale del 2023 ha suscitato ulteriore timore su come i datori di lavoro potrebbero utilizzare la sofisticazione tecnologica per monitorare ulteriormente i propri dipendenti.
“Dagli algoritmi che licenziano il personale senza intervento umano ai software che tengono sotto controllo le pause per andare in bagno”, ha scritto The Guardian , queste tecnologie “stanno già sconvolgendo i lavoratori e inquietando i luoghi di lavoro”.
Le aziende utilizzano da tempo la tecnologia per monitorare la produttività, sorvegliare i propri dipendenti e come strumento di screening per potenziali futuri dipendenti. Il passaggio al lavoro virtuale durante la pandemia e i recenti progressi nella tecnologia dell’intelligenza artificiale hanno portato a preoccupazioni su una maggiore sorveglianza, con pochissime linee guida su come le aziende implementano la tecnologia. Inoltre, la tecnologia non è infallibile, il che può essere problematico.
In alcuni call center, i sistemi di intelligenza artificiale vengono utilizzati per “registrare e valutare il modo in cui i lavoratori gestiscono le chiamate”, ha spiegato il Guardian, “spesso dando voti negativi per non essersi attenuti al copione”.
Il software aziendale monitora anche se i dipendenti utilizzano la parola “sindacato” nelle loro e-mail. Poiché questo tipo di tecnologia di sorveglianza aziendale diventa sempre più sofisticata, “molti esperti sul posto di lavoro affermano che le aziende statunitensi, i sindacati e il governo non stanno facendo abbastanza per proteggere i lavoratori dagli svantaggi della tecnologia”, ha aggiunto il quotidiano.
I dipendenti sono sotto costante sorveglianza e questi strumenti “possono commettere errori che possono tradursi in tagli salariali o licenziamenti ingiusti”, ha detto al Guardian Virginia Doellgast, professoressa di rapporti di lavoro alla Cornell. La trasparenza non è sempre disponibile, quindi i lavoratori non sempre sanno “quali dati stanno raccogliendo gli strumenti o come tali dati vengono utilizzati per valutare le loro prestazioni”, ha aggiunto Doellgast.
Secondo un sondaggio del 2023 dell’American Psychological Association , i dipendenti si preoccupano di come l’intelligenza artificiale e le tecnologie di monitoraggio sul posto di lavoro “potrebbero essere correlate negativamente al loro benessere psicologico e portarli a sentirsi meno apprezzati” . Circa la metà dei lavoratori intervistati, il 51%, ha affermato di sapere che il proprio datore di lavoro utilizzava la tecnologia di monitoraggio. Di coloro che hanno riferito di essere monitorati, il 46% ha affermato di sentirsi a disagio per il modo in cui il proprio datore di lavoro li ha monitorati con la tecnologia, rispetto al 23% dei lavoratori che non hanno riferito di essere monitorati.