L’articolo seguente esamina una recente sentenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto il diritto dell’agente commerciale di accedere alle scritture contabili del preponente, con particolare riferimento al pagamento di provvigioni cosiddette “indirette”.
Il Diritto dell’Agente di Accesso alle Scritture Contabili per le Provvigioni Indirette
Nel contesto del diritto commerciale italiano, la figura dell’agente assume un ruolo cruciale nella mediazione tra le aziende e il mercato. La legge prevede che tra l’agente e il preponente debba intercorrere un rapporto di lealtà e buona fede, che si concretizza anche nella trasparenza e nella condivisione delle informazioni relative agli affari conclusi.
Recentemente, la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi su un caso emblematico in cui era in discussione il diritto dell’agente di accedere alle scritture contabili del preponente.
La questione centrale riguardava le provvigioni “indirette”, ovvero quelle derivanti da affari conclusi direttamente dalla preponente nella zona di esclusiva dell’agente, senza che quest’ultimo ne fosse stato informato, configurando così una potenziale violazione degli obblighi di lealtà e buona fede.
La sentenza in oggetto, n. 34690 del 12 dicembre 2023, ha stabilito un principio importante: l’agente ha il diritto di richiedere l’esibizione della contabilità della preponente non solo per verificare la correttezza dei pagamenti ricevuti ma anche per accertare l’esistenza di affari conclusi alle sue spalle, per i quali spettano provvigioni indirette.
Questo orientamento giurisprudenziale pone in risalto il diritto dell’agente non solo alla corretta retribuzione ma anche all’accesso a informazioni cruciali per l’esercizio della propria attività.
La decisione della Suprema Corte enfatizza l’importanza della trasparenza e della fiducia reciproca nel rapporto agenziale, aspetti senza i quali il rapporto stesso non potrebbe funzionare correttamente.
Inoltre, la sentenza ha ribadito gli obblighi che la società preponente deve assolvere nei confronti dell’agente, come stabilito dall’articolo 1749 del Codice Civile. Tale normativa impone alla preponente di agire secondo i canoni di buona fede e correttezza, garantendo all’agente una tutela effettiva dei suoi diritti contrattuali
L’accesso alle scritture contabili diventa quindi uno strumento fondamentale per l’agente, al fine di monitorare l’attività commerciale svolta nella sua zona di esclusiva e di garantirsi il pagamento delle provvigioni spettanti, sia dirette che indirette.
La pronuncia della Corte di Cassazione si inserisce in un contesto giuridico che cerca di bilanciare le esigenze di autonomia aziendale con quelle di protezione dei diritti degli agenti commerciali, riconoscendo a questi ultimi strumenti efficaci per la tutela delle proprie prerogative professionali e economiche.
I fatti di causa
La vicenda giudiziaria ha avuto inizio con un’azione legale intrapresa da un agente, il quale è una persona giuridica, presso il Tribunale di Verona. L’obiettivo dell’agente era di ottenere il pagamento di alcune provvigioni sia dirette sia indirette, che riteneva gli spettassero, e che non erano state corrisposte dal suo preponente, ovvero l’azienda per la quale l’agente operava.
In aggiunta a ciò, l’agente chiedeva anche la risoluzione di due contratti di agenzia che lo legavano al preponente, con la richiesta che fosse riconosciuta una indennità per non aver ricevuto un preavviso adeguato prima della cessazione dei rapporti contrattuali, oppure un risarcimento danni a fronte della conclusione di tali rapporti.
Il Tribunale di Verona ha esaminato la situazione e ha deciso di accogliere solo in parte le richieste dell’agente. La sentenza ha stabilito che il preponente dovesse pagare le provvigioni dirette, che sono quelle legate agli affari conclusi direttamente dall’agente. Tuttavia, il Tribunale ha respinto la richiesta dell’agente relativa al pagamento delle provvigioni indirette. Le provvigioni indirette sono quelle che sarebbero dovute all’agente per affari conclusi dal preponente nella zona esclusiva dell’agente, ma senza che quest’ultimo ne fosse stato informato.
In sostanza, l’agente è riuscito a ottenere una vittoria parziale: ha ricevuto il pagamento per il lavoro che aveva svolto direttamente, ma non è riuscito a ottenere compensi per quegli affari che erano stati fatti dal preponente nella sua area di competenza senza la sua conoscenza.
La situazione processuale si evolve con l’agente che decide di non accettare la decisione del Tribunale di Verona e di procedere in appello presso la Corte di Appello di Venezia.
Il motivo principale dell’appello è legato al rifiuto del tribunale di primo grado di concedere il pagamento delle provvigioni indirette.
Durante il processo di appello, l’agente cerca di dimostrare che il preponente ha effettivamente concluso affari nella sua zona esclusiva. A tale scopo, presenta due tipi di prove: la testimonianza di un individuo e un CD contenente dati rilevanti, i quali non sono stati contestati dalla controparte.
Tuttavia, la Corte di Appello di Venezia non ritiene tali prove sufficienti. Sebbene riconosca che l’agente abbia dimostrato l’esistenza degli affari conclusi dalla preponente, la Corte sottolinea che l’agente non ha specificato esattamente quali e quanti contratti siano stati conclusi e con quali clienti.
In particolare, la Corte osserva che l’agente si è limitato a fornire degli estratti di elenchi che non soddisfano i requisiti necessari per identificare precisamente i contratti in questione.
Di conseguenza, la Corte di Appello conferma la sentenza del Tribunale di Verona, rigettando l’appello dell’agente per insufficienza di prove specifiche che avrebbero potuto giustificare il pagamento delle provvigioni indirette richieste.
Avverso la suddetta sentenza della Corte di Appello l’agente proponeva quindi ricorso per Cassazione sollevando un unico motivo di ricorso, sostenendo la violazione o falsa applicazione dell’art. 1749 c.c. per avere la sentenza impugnata violato il diritto dell’agente all’esibizione delle scritture contabili della preponente, attraverso il rigetto della domanda di riconoscimento delle provvigioni cosiddette indirette, pur avendo l’agente fornito prova della conclusione da parte della preponente di affari nella zona di esclusiva dell’agente.
La decisione della Corte di Cassazione
La vicenda giudiziaria ha preso una svolta significativa con l’intervento della Corte di Cassazione. Con l’ordinanza n. 34690, depositata il 12 dicembre 2023, la Corte ha accolto il ricorso presentato dall’agente, annullando la sentenza precedentemente emessa dalla Corte di Appello di Venezia e ordinando un nuovo esame del caso da parte di una diversa composizione della stessa Corte di Appello.
La decisione della Corte di Cassazione si basa sull’interpretazione dell’articolo 1748 del codice civile, che stabilisce il diritto dell’agente di ricevere tutte le informazioni necessarie, compreso l’estratto dei libri contabili, per poter verificare l’ammontare delle provvigioni che gli sono state pagate.
La Corte ha anche fatto riferimento a un consolidato orientamento giurisprudenziale che prevede, nel contesto del contratto d’agenzia, l’onere dell’agente di dimostrare che gli affari da lui promossi sono stati conclusi con successo o che il mancato pagamento delle provvigioni è imputabile al preponente.
Importante è la precisazione che, se il preponente non fornisce all’agente i dati e le informazioni necessarie per quantificare le sue spettanze, il giudice, su richiesta dell’agente, deve ordinare al preponente di mostrare le scritture contabili ai sensi dell’articolo 210 del codice di procedura civile. Questo principio è stato ribadito in una precedente sentenza della stessa Corte (n. 17575 del 31 maggio 2022).
In questo caso specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto errata la decisione della Corte di Appello di Venezia di respingere la richiesta dell’agente volta ad acquisire la documentazione contabile, che si trovava esclusivamente in possesso del preponente e che era indispensabile per dimostrare, con dati precisi e quantitativi, l’aumento dei clienti e del volume degli affari nel corso degli anni. La Corte ha sottolineato che non si può attribuire all’agente la mancanza di tali dati quantitativi, poiché l’obbligo di fornire tali informazioni ricade sul preponente in base alla legge.
In conclusione, la Suprema Corte ha chiarito che è responsabilità del preponente adempiere all’obbligo di informazione e che l’agente ha il diritto di accedere a documenti chiave per far valere le proprie pretese legali.
Con questo pronunciamento, la Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza della trasparenza e della correttezza nelle relazioni contrattuali tra agente e preponente.
La Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale riguardante il pagamento delle provvigioni indirette nell’ambito dei rapporti di agenzia, con particolare attenzione all’articolo 1748 del codice civile, comma 2.
Secondo questo articolo, l’agente ha diritto alle provvigioni indirette in ogni situazione in cui il preponente interferisca nella zona di esclusiva o nella clientela riservata all’agente, sia che tale interferenza avvenga direttamente o indirettamente.
La Corte sottolinea che non importa il modo in cui il preponente si sia sottratto agli obblighi contrattuali; l’agente mantiene il diritto a tali provvigioni. Questo punto di vista è stato precedentemente confermato da una sentenza del 30 gennaio 2017 (n. 2288), consolidando il principio che l’agente possa richiedere l’esibizione degli estratti contabili del preponente non solo per le provvigioni dirette ma anche per quelle indirette.
In sostanza, la Corte di Cassazione afferma che l’agente ha il diritto di accedere alla contabilità del preponente per verificare la correttezza delle provvigioni indirette, rafforzando così la protezione degli agenti nel contesto dei loro diritti contrattuali. Questa interpretazione assicura che gli agenti possano esercitare pienamente i loro diritti di credito, anche in circostanze in cui il preponente abbia agito in modo da eludere le proprie responsabilità contrattuali.
L’onere della prova
La Corte di Cassazione ha preso una posizione importante sulla distribuzione dell’onere della prova tra preponente e agente nel contesto dei contratti di agenzia.
La Corte ha sostenuto l’orientamento giurisprudenziale che tiene conto del principio della “vicinanza” o della disponibilità dei mezzi di prova, che è legato all’articolo 24 della Costituzione Italiana.
Questo principio prevede che non si debba interpretare la legge in modo tale da rendere impossibile o eccessivamente difficile l’azione in giudizio.
Inoltre, la Suprema Corte ha ribadito che, nel caso in cui il preponente non fornisca all’agente i dati e le informazioni necessarie per quantificare le proprie spettanze, il giudice deve emettere, su richiesta dell’agente, un ordine di esibizione delle scritture contabili ai sensi dell’articolo 210 del codice di procedura civile.
La Corte ha anche chiarito che è compito dell’agente presentare e dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire, con riferimento dettagliato alle vicende significative del rapporto contrattuale, come ad esempio la ricezione o meno degli estratti conto e il loro contenuto.
L’agente deve inoltre indicare i diritti che sono determinati o determinabili e per i quali si richiede l’accertamento tramite l’istanza.
Il principio
La Corte di Cassazione, tenendo conto degli orientamenti giurisprudenziali precedentemente citati, ha stabilito un principio di diritto rilevante per i rapporti di agenzia.
Il principio afferma che se il preponente non rispetta l’obbligo di agire con lealtà e buona fede nei confronti dell’agente, soprattutto non fornendo le necessarie informazioni contabili sugli affari conclusi nella zona di esclusiva dell’agente, quest’ultimo ha il diritto, in un contesto contenzioso, di richiedere e ottenere l’esibizione della contabilità del preponente.
Questa richiesta si basa sull’articolo 210 del codice di procedura civile e sull’articolo 1749 del codice civile, al fine di fornire la prova delle provvigioni dirette e/o indirette che gli spettano.
Questo principio stabilisce quindi che l’agente, per esercitare i suoi diritti e fornire la prova dell’esistenza e dell’ammontare delle provvigioni che gli sono dovute, può richiedere la documentazione contabile del preponente quando quest’ultimo non abbia adempiuto volontariamente a tale obbligo informativo. In pratica, la Corte riconosce all’agente uno strumento legale per accedere alle informazioni che sono necessarie per la verifica delle proprie spettanze, sottolineando l’importanza del rispetto dei principi di lealtà e buona fede nei rapporti commerciali.