Il lavoro da remoto, comunemente noto come smart working, ha subito un’accelerazione senza precedenti a seguito della pandemia di Covid-19.
In Italia, la transizione verso questa modalità lavorativa ha interessato milioni di persone: nel 2023, si stima che circa 3,6 milioni di lavoratori abbiano operato da remoto, un numero significativo che testimonia un cambiamento radicale nelle abitudini lavorative del paese.
Nonostante i vantaggi evidenti in termini di flessibilità e conciliazione tra vita professionale e personale, lo smart working solleva questioni importanti che necessitano di ulteriori chiarimenti.
Uno degli aspetti più critici riguarda il rispetto della normativa sugli infortuni sul lavoro.
La questione centrale è capire come le leggi esistenti si applichino a un ambiente lavorativo che non è più confinato entro le pareti di un ufficio tradizionale.
La legge italiana prevede una tutela per i lavoratori in caso di infortuni sul lavoro, ma la definizione di “luogo di lavoro” diventa nebulosa quando il lavoratore è in casa o in un qualsiasi spazio adibito a ufficio temporaneo.
Ciò solleva interrogativi sulla responsabilità e sulla copertura assicurativa: se un lavoratore subisce un infortunio mentre lavora da casa, si tratta di un infortunio sul lavoro?
Le aziende e la Pubblica Amministrazione sono quindi chiamate a interpretare le normative vigenti, spesso pensate per una realtà lavorativa più tradizionale, e adattarle a scenari che fino a poco tempo fa erano considerati eccezionali.
L’adeguamento delle politiche aziendali e la formazione dei lavoratori su pratiche sicure anche in ambito domestico diventano essenziali per garantire non solo la continuità operativa, ma anche la sicurezza dei dipendenti.
Inoltre, il lavoro da remoto pone sfide relative alla gestione del tempo di lavoro e al diritto alla disconnessione. È fondamentale stabilire confini chiari tra orario lavorativo e tempo personale per prevenire il rischio di burnout e garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori.
Mentre il governo italiano e gli stakeholder del mercato del lavoro continuano a navigare in queste acque incerte, è chiaro che lo smart working non è più una soluzione temporanea, ma una componente stabile del panorama lavorativo.
Sarà cruciale trovare un equilibrio tra flessibilità e sicurezza, garantendo che le normative si evolvano per supportare efficacemente sia le esigenze delle imprese sia i diritti dei lavoratori nel contesto post-pandemico.
La sicurezza dei lavoratori in smart working
La sicurezza dei lavoratori in smart working è un tema di grande importanza e riguarda vari aspetti, tra cui la sicurezza fisica, la sicurezza informatica e il benessere psicologico.
Il datore di lavoro ha la responsabilità di garantire la sicurezza dei lavoratori, anche quando lavorano in modalità agile o smart working
In termini di sicurezza fisica, i datori di lavoro devono valutare i rischi associati al lavoro da casa o in altri luoghi al di fuori dell’ufficio.
Questo può includere l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) per tener conto delle nuove condizioni di lavoro.
Inoltre, i datori di lavoro devono fornire formazione specifica per l’uso di strumentazione informatica al di fuori della sede di lavoro.
Per quanto riguarda la sicurezza informatica, i datori di lavoro devono garantire che i dispositivi e le connessioni utilizzati dai lavoratori in smart working siano sicuri.
Questo può includere l’aggiornamento dei meccanismi di sicurezza e il monitoraggio del rispetto dei livelli minimi di sicurezz.
In termini di benessere psicologico, i datori di lavoro devono monitorare la valutazione dello stress lavoro-correlato.
Inoltre, la legge italiana stabilisce il diritto alla disconnessione, che garantisce ai lavoratori il diritto al riposo.
In caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali, i lavoratori in smart working hanno diritto alla stessa tutela prevista per i lavoratori in sede. Infatti, è stato riconosciuto un caso di risarcimento da infortunio in smart working da parte dell’INAIL.
È importante notare che l’adesione al lavoro agile deve avere natura consensuale e volontaria.
Inoltre, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto che, fino al 31 dicembre 2023, per i cosiddetti lavoratori fragili, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working.
Infine, i datori di lavoro devono rispettare le normative vigenti in materia di smart working, che includono la Legge 22 maggio 2017, n.81 (articoli 18-24), come da ultimo modificata dalla Legge 4 agosto 2022[2].
La nozione di luogo di lavoro
La nozione di luogo di lavoro si è evoluta significativamente con l’avvento dello smart working.
Tradizionalmente, il luogo di lavoro era considerato un ambiente fisico specifico, solitamente un ufficio o un sito aziendale, dove i dipendenti si recavano per svolgere le loro attività lavorative.
Tuttavia, con l’espansione dello smart working, il concetto di luogo di lavoro si è esteso per includere anche ambienti domestici o qualsiasi altro luogo dove un dipendente possa svolgere il proprio lavoro a distanza.
Con l’avvento dello smart working, la nozione di luogo di lavoro ha subito una significativa evoluzione. Secondo l’articolo 62, comma 1 del D. Lgs. 81/08, il luogo di lavoro è definito come “qualsiasi posto nel quale concretamente si svolge l’attività lavorativa”.
Questa definizione include non solo la sede fisica di un’azienda, ma può anche estendersi a più sedi o addirittura a un ambito territoriale più o meno ampio, come nel caso dello smart working.
Lo smart working, o lavoro agile, è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che non presenta vincoli precisi di orario o di luogo di lavoro.
Questo significa che l’attività lavorativa può essere svolta in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa, utilizzando strumenti tecnologici.
Durante la pandemia di Covid-19, il luogo di lavoro ha spesso coinciso con la residenza privata o il domicilio del lavoratore.
Questo cambiamento ha portato a nuove sfide e considerazioni legali, specialmente in termini di sicurezza e salute sul lavoro. Le aziende devono ora considerare come garantire la sicurezza e il benessere dei loro dipendenti in un ambiente lavorativo meno controllabile e più variegato. Ciò include l’adattamento delle politiche aziendali per rispondere a questioni come l’ergonomia dell’ambiente domestico, la sicurezza informatica, e l’equilibrio tra vita lavorativa e privata.
Lo smart working richiede quindi una ridefinizione delle responsabilità sia dei datori di lavoro che dei lavoratori, oltre a una maggiore flessibilità nell’applicazione delle normative esistenti in materia di sicurezza sul lavoro.
Cosa cambia
Per lo smartworker, in termini di sicurezza, cambiano diversi aspetti che il datore di lavoro deve considerare per garantire la protezione dei lavoratori anche al di fuori dell’ambiente ufficio tradizionale.
Questi includono:
Sicurezza Fisica
- Valutazione dei Rischi: I datori di lavoro devono valutare i rischi associati al lavoro da casa o in altri luoghi al di fuori dell’ufficio, che possono richiedere l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) per riflettere le nuove condizioni di lavoro[1].
- Formazione: Deve essere fornita formazione specifica per l’uso di strumentazione informatica al di fuori della sede di lavoro, per assicurare che i lavoratori siano consapevoli dei rischi e sappiano come gestirli[1].
Sicurezza Informatica
- Dispositivi e Connessioni Sicure: È necessario garantire che i dispositivi e le connessioni utilizzati dai lavoratori in smart working siano sicuri, il che può includere l’aggiornamento dei meccanismi di sicurezza e il monitoraggio del rispetto dei livelli minimi di sicurezza[4][9].
Benessere Psicologico
- Valutazione dello Stress: I datori di lavoro devono monitorare la valutazione dello stress lavoro-correlato per prevenire problemi di salute mentale che possono derivare da una cattiva gestione del lavoro agile[1].
- Diritto alla Disconnessione: La legge italiana riconosce il diritto alla disconnessione, che garantisce ai lavoratori il diritto al riposo e a staccare dal lavoro al di fuori delle ore lavorative[3].
Tutela in Caso di Infortuni
- Stessa Protezione: I lavoratori in smart working hanno diritto alla stessa tutela prevista per i lavoratori in sede in caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali[1][7].
Normative e Accordi
- Natura Consensuale: L’adesione al lavoro agile deve essere consensuale e volontaria[2].
- Legge di Bilancio 2023: Per i lavoratori fragili, è previsto che il datore di lavoro assicuri lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working fino al 31 dicembre 2023[2][7].
In sintesi, lo smart working richiede un approccio olistico alla sicurezza che consideri non solo l’ambiente fisico in cui il lavoratore si trova, ma anche la sicurezza dei dati e il benessere psicologico del lavoratore.
Il datore di lavoro ha la responsabilità di adattare le misure di sicurezza esistenti e di implementarne di nuove per rispondere alle sfide poste dal lavoro agile.
Conclusione
Nell’ambito dello smart working, caratterizzato da un approccio collaborativo, è obbligo del datore di lavoro fornire ai propri dipendenti una comunicazione dettagliata sui potenziali rischi e pericoli connessi alle loro funzioni lavorative.
Questo include, ad esempio, l’aumento dei carichi di lavoro, il diritto alla disconnessione e le norme che regolano gli spostamenti in orario di lavoro.
Inoltre, il datore di lavoro è responsabile della definizione delle condizioni di uso delle attrezzature fornite ai lavoratori, come computer portatili, tablet e smartphone, stabilendo anche i periodi di pausa e le misure tecniche per garantire la disconnessione dai dispositivi tecnologici professionali, come stabilito dall’articolo 19 del Decreto legislativo 81/2017. È inoltre assicurato il mantenimento del diritto alla protezione contro infortuni e malattie professionali legate ai rischi occupazionali.
Il primo caso di risarcimento da infortunio in smart working riconosciuto dall’INAIL
Il primo caso di risarcimento da infortunio in smart working riconosciuto dall’INAIL in Italia è avvenuto nel 2021 e ha segnato un importante precedente in materia di tutela dei lavoratori a distanza.
La vicenda riguarda una lavoratrice di Treviso, impiegata amministrativa di un’azienda metalmeccanica, che, durante una telefonata di lavoro con un collega, è caduta dalle scale della propria abitazione, provocandosi diverse fratture.
Inizialmente, l’INAIL non aveva riconosciuto il nesso di causalità tra l’infortunio e l’attività lavorativa, rifiutando quindi la copertura assicurativa. Tuttavia, dopo un ricorso amministrativo assistito dalla Cgil di Treviso, l’INAIL ha rivisto la sua posizione, riconoscendo l’incidente come infortunio sul lavoro.
Di conseguenza, la lavoratrice ha ottenuto un risarcimento di 20.000 euro per il danno biologico, oltre a visite e terapie gratuite per i successivi dieci anni.
Questo caso ha evidenziato la vulnerabilità delle tutele riservate agli smart workers e ha aperto interrogativi sui limiti della copertura assicurativa in queste circostanze. I
n Italia, la Legge 81 del 2017 sul lavoro agile prevede già un’estensione della tutela contro gli infortuni e le malattie professionali anche ai lavoratori in modalità agile. Tuttavia, la difficoltà sta nell’oggettiva impossibilità per il datore di lavoro di vigilare sulla correttezza delle attività extra-aziendali degli smart workers, il che potrebbe ridimensionare le tutele in pratica.
In questo contesto, la giurisprudenza avrà un ruolo cruciale nel definire i confini della responsabilità e della tutela in situazioni di lavoro agile, specialmente quando si verificano infortuni in ambienti domestici o in luoghi diversi dai tradizionali spazi aziendali
Le conseguenze in caso di omessa valutazione dei rischi di smartworking o di mancata adozione dei presidi
La valutazione dei rischi e l’adozione dei presidi sono essenziali per garantire la sicurezza dei lavoratori, anche in contesto di smart working.
Quando un datore di lavoro non effettua una corretta valutazione dei rischi associati al lavoro a distanza, o non implementa le misure di sicurezza necessarie, si espone a diverse conseguenze:
- Rischi per la Salute e Sicurezza dei Lavoratori: La mancata valutazione dei rischi può portare a infortuni o malattie professionali. Ad esempio, un’ergonomia inadeguata dell’ambiente di lavoro domestico può causare problemi muscolo-scheletrici.
- Responsabilità Civile: In caso di infortunio o malattia professionale derivanti dalla mancata valutazione dei rischi, il lavoratore potrebbe richiedere un risarcimento danni al datore di lavoro per negligenza.
- Responsabilità Penale: Se l’infortunio è grave, il datore di lavoro potrebbe incorrere in responsabilità penale per violazione delle normative sulla sicurezza sul lavoro.
- Sanzioni Amministrative: Le autorità competenti possono imporre sanzioni amministrative alle aziende che non rispettano le normative sulla sicurezza e salute dei lavoratori, anche in contesto di smart working.
- Ripercussioni sulla Reputazione Aziendale: La mancata attenzione alla sicurezza dei lavoratori può avere un impatto negativo sull’immagine dell’azienda, influenzando negativamente la percezione dei clienti e dei potenziali dipendenti.
Per evitare queste conseguenze, è fondamentale che i datori di lavoro effettuino una valutazione dei rischi specifica per lo smart working e adottino le misure necessarie per garantire la sicurezza e il benessere dei propri dipendenti.
Questo include, ad esempio, fornire attrezzature ergonomiche, assicurare una buona sicurezza informatica e offrire formazione sui rischi specifici dello smart working.
La ricerca del Politecnico di Milano
La Ricerca 2023 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha presentato una serie di risultati significativi riguardanti la diffusione e le caratteristiche dei modelli di Smart Working in Italia.
In termini di diffusione, la ricerca ha rilevato che lo Smart Working in Italia si è consolidato e ha ripreso a crescere.
Nel 2023, i lavoratori da remoto nel paese sono stati 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, e ben il 541% in più rispetto al periodo pre-Covid.
La ricerca ha identificato tre diversi profili di smart worker: i “veri” smart worker, che lavorano da remoto con flessibilità di orari e operano per obiettivi, i lavoratori da remoto senza flessibilità, e i lavoratori in presenza con flessibilità.
È stato rilevato che i “veri” smart worker sono più soddisfatti delle loro prestazioni, soprattutto per quanto riguarda l’autonomia e la responsabilizzazione. Tuttavia, questi lavoratori sono anche più soggetti a forme di tecnostress e overworking.
Per quanto riguarda le aziende, quasi tutte le grandi imprese (96%) hanno implementato iniziative di Smart Working, in gran parte con modelli strutturati.
Le aziende che hanno iniziative “mature” di Smart Working, focalizzate sui quattro pilastri fondamentali – policy organizzative, tecnologie, riorganizzazione degli spazi e comportamenti e stili di leadership – ottengono risultati migliori in termini di inclusività, coinvolgimento delle persone e work-life balance.
La ricerca ha anche evidenziato l’importanza della leadership “smart“. I
lavoratori che hanno un capo veramente “smart“, che assegna obiettivi chiari, assicura feedback frequenti e costruttivi, promuove la crescita professionale dei suoi collaboratori e trasmette in modo efficace gli indirizzi, si caratterizzano per livelli di benessere e prestazioni migliori rispetto a quelli che non hanno un capo “smart”[5].
Infine, la ricerca ha analizzato i costi energetici e i benefici economici dello smart working, rilevando un risparmio di 600 euro/anno per i dipendenti e 500 euro/anno per postazione per l’azienda
Conclusioni
In conclusione, lo smart working ha ridefinito il concetto di luogo di lavoro, estendendolo oltre i confini fisici dell’ufficio e introducendo nuove dinamiche nella gestione della sicurezza lavorativa.
La normativa italiana, sebbene abbia iniziato ad adattarsi a queste trasformazioni, richiede un continuo aggiornamento per affrontare le sfide poste da questa evoluzione.
I datori di lavoro devono ora considerare una varietà di ambienti come potenziali luoghi di lavoro e sono tenuti a garantire che ogni spazio in cui il lavoro viene svolto rispetti gli standard di sicurezza necessari.
La valutazione dei rischi deve essere estesa per includere la casa e altri spazi non tradizionali, e le misure di sicurezza informatica devono essere rafforzate per proteggere i dati aziendali e personali dei lavoratori.
Inoltre, la tutela dei lavoratori in termini di salute psicofisica e il diritto alla disconnessione devono essere assicurati per mantenere un equilibrio tra vita lavorativa e personale e prevenire fenomeni di burnout.
Il rispetto di questi diritti è essenziale per promuovere un ambiente lavorativo sostenibile e produttivo.
La giurisprudenza recente, come nel caso del risarcimento riconosciuto dall’INAIL per un infortunio in smart working, dimostra che la legge sta iniziando a riconoscere la realtà del lavoro agile come ambito a pieno titolo della vita lavorativa.
Infine, è fondamentale che il lavoro agile sia basato su un accordo consensuale e volontario tra le parti, come ribadito dalla Legge di Bilancio 2023.
Questa è una condizione indispensabile per garantire che i lavoratori non solo accettino ma siano anche preparati e protetti nel contesto del loro nuovo ambiente lavorativo.
La sfida per il futuro sarà quella di armonizzare la flessibilità offerta dallo smart working con le necessità di sicurezza e protezione, tanto più in un contesto post-pandemico che ha visto un aumento esponenziale di questa modalità lavorativa.
Sarà quindi compito dei legislatori, dei datori di lavoro e dei rappresentanti dei lavoratori collaborare per creare un quadro normativo che sia al passo con i tempi, promuovendo un ambiente di lavoro sicuro, equo e produttivo per tutti.