premessa
Nei procedimenti disciplinari per il personale contrattualizzato, è importante rispettare le disposizioni procedurali al fine di garantire un processo equo.
Tuttavia, la violazione di alcune disposizioni, ad eccezione dei termini per la contestazione dell’addebito e la conclusione del procedimento che sono obbligatori, può influire sul procedimento solo se compromette irrimediabilmente il diritto di difesa del dipendente.
Spetta al dipendente dimostrare che vi è stata una violazione concreta del diritto di difesa. Una violazione del diritto di difesa può verificarsi se l’amministrazione pubblica nega l’accesso agli atti del procedimento.
Il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti è un percorso necessario per valutare se un comportamento ha rilevanza disciplinare e per determinare la responsabilità del lavoratore.
Durante questo procedimento, il dipendente ha il diritto di partecipare attivamente e di essere garantito nella piena tutela del suo diritto di difesa.
Prima di analizzare le scansioni temporali delle diverse fasi procedimentali, è fondamentale identificare con precisione il potere e il dovere del datore di lavoro di avviare o meno il procedimento disciplinare.
Introduzione al Potere Disciplinare
Il contratto di lavoro subordinato prevede il diritto del datore di lavoro di esercitare un potere disciplinare, di natura sanzionatoria, a fronte di comportamenti del lavoratore che costituiscano inosservanza degli obblighi contrattuali. Questo potere ha lo scopo di tutelare l’organizzazione aziendale ed il rispetto degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore.
Procedura Disciplinare
La procedura disciplinare si articola nelle seguenti fasi:
- Contestazione di addebito
- Formulazione delle giustificazioni
- Comminazione della sanzione disciplinare
- Impugnazione della sanzione da parte del lavoratore
È importante notare che il mancato rispetto della procedura può rendere nulla la sanzione.
Il Codice Civile e il Potere Disciplinare
Il codice civile regola il potere disciplinare del datore di lavoro con alcuni articoli:
- Art. 2104: Riguarda l’obbligo del lavoratore di usare la diligenza richiesta e di osservare le disposizioni impartite dall’imprenditore.
- Art. 2105: Vieta al lavoratore di trattare affari in concorrenza con l’imprenditore e di divulgare notizie che possano arrecare pregiudizio all’impresa.
- Art. 2106: Introduce il principio della proporzionalità tra infrazione e sanzione.
La Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori)
Questa legge ha profondamente innovato la normativa del codice civile, introducendo una serie di limitazioni sostanziali e formali riguardanti l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.
Le innovazioni introdotte riguardano:
- Obbligo di pubblicità della normativa disciplinare
- Necessità di una preventiva contestazione e suoi requisiti
- Tempestività della contestazione
- Specificità della contestazione
- Immodificabilità del contenuto della contestazione
- Necessità della forma scritta della contestazione
- Divieto di procedere ad indagini preliminari
- Rispetto di un criterio di proporzionalità della sanzione adottata
- Indicazione di termini e modalità di difesa
- Divieto di mutamenti definitivi del rapporto di lavoro
- Termini per la comminazione del provvedimento
- Recidiva
- Sospensione cautelare
- Sedi e modalità di impugnazione della sanzione disciplinare
Cosa Fare in Caso di Contestazione Disciplinare
In caso di ricevimento da parte del datore di lavoro di contestazione disciplinare, è necessario agire con tempestività, inoltrando una richiesta per fornire le giustificazioni (contro deduzioni), meglio se accompagnati da un rappresentante sindacale (o legale).
A Chi Rivolgersi
È possibile rivolgersi all’Ufficio vertenze sindacale o a uno studio legale specializzato in diritto del lavoro.
Documenti Necessari
I documenti necessari includono la lettera di assunzione, la lettera di contestazione disciplinare e qualsiasi precedente documentazione relativa ad altre contestazioni.
Obbligo di Pubblicità della Normativa Disciplinare
L’articolo n. 7 Legge 300/1970 prevede l’obbligo di affiggere in luogo accessibile a tutti i lavoratori il codice contenente le norme disciplinari.
ipotesi
- Il diritto di critica può ritenersi legittimo ove esercitato nel rispetto dei canoni di pertinenza e continenza, formale e sostanziale. In particolare, la critica deve rispondere a un interesse meritevole di tutela del lavoratore e, quindi, concernere direttamente o indirettamente le condizioni di lavoro o sindacali (pertinenza), deve conformarsi nell’esposizione a canoni di correttezza, misura e civile rispetto della dignità del datore di lavoro senza eccedere nell’attribuzione di qualità apertamente disonorevoli, in affermazioni ingiuriose ovvero in offese meramente personali (continenza formale) e, ove consista nell’attribuzione al datore di lavoro di determinati fatti, deve rispondere a verità, quanto meno secondo il prudente apprezzamento soggettivo del lavoratore (continenza sostanziale). Il superamento di tali limiti, anche uno solo di essi, rende la condotta lesiva dell’onore datoriale non scriminata dal diritto di critica e suscettibile di rilievo disciplinare, in quanto contraria al dovere di fedeltà sancito dall’art. 2105 c.c. (Cass. 18/1/2019 n. 1379, Pres. Di Cerbo Rel. Amendola, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di P. Tosi e E. Puccetti, “Il diritto di critica nella rinnovata rilevanza del limite di pertinenza”, 221)
- Il diritto di critica può ritenersi legittimo ove esercitato nel rispetto dei canoni di pertinenza e continenza, formale e sostanziale. In particolare, la critica deve rispondere a un interesse meritevole di tutela del lavoratore e, quindi, concernere direttamente o indirettamente le condizioni di lavoro o sindacali (pertinenza), deve conformarsi nell’esposizione a canoni di correttezza, misura e civile rispetto della dignità del datore di lavoro senza eccedere nell’attribuzione di qualità apertamente disonorevoli, in affermazioni ingiuriose ovvero in offese meramente personali (continenza formale) e, ove consista nell’attribuzione al datore di lavoro di determinati fatti, deve rispondere a verità, quanto meno secondo il prudente apprezzamento soggettivo del lavoratore (continenza sostanziale). Il superamento di tali limiti, anche uno solo di essi, rende la condotta lesiva dell’onore datoriale non scriminata dal diritto di critica e suscettibile di rilievo disciplinare, in quanto contraria al dovere di fedeltà sancito dall’art. 2105 c.c. (Cass. 18/1/2019 n. 1379, Pres. Di Cerbo Rel. Amendola, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di P. Tosi e E. Puccetti, “Il diritto di critica nella rinnovata rilevanza del limite di pertinenza”, 221)
- L’accertamento di un danno subito dal datore di lavoro non implica necessariamente l’accertamento sul contenuto della responsabilità in tutti i suoi elementi e sul grado della responsabilità, e può richiedere accertamenti ulteriori: pertanto, solo dopo l’accertamento di tutti i suddetti profili sorge l’obbligo della contestazione disciplinare. (Cass. 20/6/2014 n. 14103, Pres. Miani Canevari Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2015, con commento di Fabio Massimo Galli, 69)
- La comunicazione della contestazione di addebito disciplinare deve ritenersi regolarmente effettuata allorché sia avvenuta presso l’indirizzo indicato dal lavoratore e sia stata ricevuta dalla figlia di questi, la quale si sia esplicitamente impegnata a consegnarla al padre. (Cass. 30/5/2014 n. 12195, Pres. Vidiri Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2014, 924)
- La produzione da parte del lavoratore di copia di atti e/o documenti riservati al di fuori dell’ambito aziendale, seppur astrattamente idonea a violare i doveri di fedeltà e di riservatezza del dipendente, non assume alcuna rilevanza se attuata per l’esercizio del proprio diritto di difesa. In particolare, deve escludersi che l’utilizzo di documenti aziendali, nell’ambito del procedimento disciplinare di cui all’art. 7 St. lav., possa ledere la riservatezza del datore di lavoro in quanto tali documenti non sono divulgati a terzi, ma sono destinati alla stessa parte datoriale, rimanendo quindi in un ambito di conoscenza circoscritto a quello strettamente aziendale. (Cass. 21/5/2012 n. 7993, Pres. ed Est. Stile, in Riv. It. Dir. lav. 2013, con nota di Antonio Ambrosino, “Produzione di documenti aziendali riservati nel procedimento disciplinare: il contemperamento tra l’obbligo di fedeltà e il diritto di difesa del lavoratore”, 3)
- In tema di sanzioni disciplinari, la convocazione in orario lavorativo e nel luogo di lavoro non rientra tra i diritti del lavoratore, purché la convocazione in orari o luoghi diversi non si traduca, per le difficoltà della sua attuazione, in una violazione del diritto di difesa. Infatti, in caso di irrogazione di sanzione disciplinare, il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, a essere sentito oralmente dal datore di lavoro; tuttavia, ove il datore, a seguito di tale richiesta, abbia convocato il lavoratore, questi non ha diritto a un diverso incontro limitandosi ad addurre una mera disagevole o sgradita possibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda a un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile (nella specie, la Corte ha escluso che la convocazione presso gli uffici preposti alla gestione del procedimento disciplinare e fissata mezz’ora dopo la conclusione del turno lavorativo fosse tale da rendere difficile o gravoso l’esercizio del diritto di difesa). (Cass. 1/6/2012 n. 8845, Pres. Miani Canevari Est. Balestrieri, in Orient. Giur. Lav. 2012, 349)
- Il datore di lavoro che intenda adottare una sanzione disciplinare nei confronti del dipendente non può omettere l’audizione del lavoratore incolpato che ne abbia fatto espressa e inequivocabile richiesta contestualmente alla comunicazione – nel termine di cui all’art. 7, 5° comma, l. 20 maggio 1970 n. 300 – di giustificazioni scritte, anche se queste appaiano già di per sé ampie ed esaustive. (Cass. 22/3/2010 n. 6845, Pres. Roselli Est. Amoroso, in Orient. giur. lav. 2010, 507)
- Ai sensi dell’art. 7, 2° comma, SL – applicabile anche in caso di procedimento disciplinare promosso nei confronti di un dirigente – il lavoratore ha diritto di scegliere le forme della propria difesa, sicché è illegittima la sanzione disciplinare che sia stata applicata negando al dirigente, che ne abbia fatto espressa richiesta, l’audizione orale. (Cass. 1/3/2010 n. 5864, Pres. Sciarelli Est. Meliadò, in D&L 2010, con nota di Andrea Bordone, “Procedimento disciplinare: anche il dirigente ha diritto all’audizione”, 565)
- La disposizione dell’art. 7 St. Lav. impone al datore di lavoro l’audizione orale del dipendente non come dovere autonomo di convocazione del dipendente, ma come obbligo correlato alla manifestazione tempestiva della volontà del lavoratore di essere sentito di persona. La circostanza che tale volontà sia dal lavoratore accompagnata dalla richiesta di una garanzia difensiva non consentita (nella specie: assistenza di un legale), non esclude l’obbligo di sentirlo nei limiti e con le garanzie difensive offerte dalla norma di legge, atteso che detto art. 7 subordina in maniera rigorosa l’irrogazione della sanzione all’audizione, ove richiesta. (Cass. 11/12/2009 n. 26023, Pres. Ravagnani Est. Mammone, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Enrico Barraco, “procedimento disciplinare: l’audizione del dipendente (privato) avviene senza avvocato”, 765)
- Il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, non può esercitare una seconda volta, per quegli stessi fatti, il detto potere, ormai consumato, essendogli consentito soltanto di tenere conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva, nonché dei fatti non tempestivamente contestati o contestati ma non sanzionati – ove siano stati unificati con quelli ritualmente contestati – ai fini della globale valutazione, anche sotto il profilo psicologico, del comportamento del lavoratore e della gravità degli specifici episodi addebitati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che aveva annullato il licenziamento disciplinare e dichiarato l’inidoneità a sorreggere la sanzione espulsiva, per contrasto con il principio del ne bis in idem, delle ulteriori contestazioni di addebito per fatti pregressi, recapitate al lavoratore ma non seguite da sanzione, neppure dedotte come circostanze aggravanti). (Cass. 27/3/2009 n. 7523, Pres. Sciarelli Est. Meliadò, in Lav. nella giur. 2009, 832)
- La durata della sospensione cautelare coincide con il tempo necessario ad acquisire la certezza della sussistenza dei fatti addebitati – sia nel corso di un concorrente giudizio penale, sia nell’ambito degli eventuali accertamenti esperiti in sede aziendale – nonché a effettuare la valutazione del materiale raccolto in sede di istruttoria disciplinare, ai fini dell’adozione, da parte del datore di lavoro, di una decisione che ponga fine al procedimento. (Trib. Roma, sez. lavoro, ord. 28/7/2008, Pres. Petrucci est. Delle Donne, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di L. Di Paola, “Esercizio del potere disciplinare e sospensione cautelare dal servizio del dipendente: brevi considerazioni sualcune questioni problematiche”, 872)
- Spetta al datore di lavoro dimostrare i fatti posti a fondamento della contestazione di scarso rendimento e a tal fine questi non può limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggetiva sua esigibilità, ma deve anche dimostrare che la causa di esso derivi da colpevole e negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell’espletamento della sua normale prestazione. A tal fine dovrà tenersi conto del grado di diligenza normalmente richiesto per la prestazione lavorativa e di quello effettivamente usato dal lavoratore, nonché dell’incidenza della organizzazione complessiva del lavoro nell’impresa e dei fattori socio-ambientali. (Trib. Milano 1/7/2008, d.ssa Beccarini, in Lav. nella giur. 2009, 97, e in Orient. della giur. del lav. 2008, con nota di Valentina Aniballi, “Scarso rendimento e sanzioni disciplinari conservative”, 698)
- La sospensione cautelare dal servizio, essendo una misura provvisoria e strumentale all’accertamento dei fatti addebitati al lavoratore, è strettamente connessa al procedimento disciplinare, tanto da trovarsi rispetto a esso in una sorta di dipendenza funzionale. Ne consegue che la sospensione cautelare ha carattere temporaneo e cessa di avere efficacia qualora la fase dell’accertamento dei fatti sia conclusa (nella specie il Tribunale ha sospeso gli effetti del provvedimento di sospensione cautelare applicato al dipendente e ha ordinato al datore di lavoro la riammissione in servizio del dipendente medesimo nel ruolo precedentemente svolto). (Trib. Roma 30/6/2008, ord., Giud. Vetritto, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di L. Di Paola, “Esercizio del potere disciplinare e sospensione cautelare dal servizio del dipendente: brevi considerazioni sualcune questioni problematiche”, 872)
- La durata della sospensione cautelare coincide con il tempo necessario ad acquisire la certezza della sussistenza dei fatti addebitati – sia nel corso di un concorrente giudizio penale, sia nell’ambito degli eventuali accertamenti esperiti in sede aziendale – nonché a effettuare la valutazione del materiale raccolto in sede di istruttoria disciplinare, ai fini dell’adozione, da parte del datore di lavoro, di una decisione che ponga fine al procedimento. (Trib. Roma, sez. lavoro, ord. 28/7/2008, Pres. Petrucci est. Delle Donne, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di L. Di Paola, “Esercizio del potere disciplinare e sospensione cautelare dal servizio del dipendente: brevi considerazioni sualcune questioni problematiche”, 872)
- Nell’ambito del procedimento disciplinare, il lavoratore che presenti giustificazioni ma intenda anche essere ascoltato a difesa ai sensi dell’art. 7, comma 2°, SL ha l’onere di comunicare detta volontà in termini univoci a tutela dell’affidamento del datore di lavoro e quest’ultimo ha l’onere di formalizzare le modalità di audizione in termini chiari e inequivocabili; conseguentemente è nulla la sanzione disciplinare comminata allorché il datore di lavoro si limiti a dichiarare genericamente la propria disponibilità all’audizione senza indicare un giorno e un’ora, nei quali tale audizione possa avvenire. (Trib. Bergamo 29/10/2007, Est. Trosi, in D&L 2008, 982)
- I doveri di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175, 1366, 1375, 1377 c.c., costituendo canone giuridico di interpretazione del contratto e di valutazione del comportamento reciproco delle parti, impediscono che possa essere irrogata un’unica sanzione espulsiva per più comportamenti che avrebbero potuto essere singolarmente sanzionati con provvedimenti graduali e conservativi. (Trib. Milano 23/7/2007, decr., Est. Martello, in D&L 2007, con nota di Alberto Vescovini, “Sul licenziamento discriminatorio: considerazioni in materia di cooperative di lavoro ed elementi indiziari della natura antisindacale”, 1031)
- Il potere di infliggere sanzioni disciplinari e di proporzionarne la gravità all’illecito accertato rientra nel potere di organizzazione dell’impresa quale esercizio della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost.; esso è pertanto riservato esclusivamente al titolare e, neppure quanto alla riduzione della gravità della sanzione, può essere esercitato dal Giudice, salvo il caso in cui l’imprenditore abbia superato il massimo edittale e la riduzione consista perciò soltanto in una riconduzione al limite. Nel caso in cui, però, lo stesso datore di lavoro, convenuto in giudizio per l’annullamento della sanzione, chieda nell’atto di costituzione la riduzione della sanzione per l’ipotesi in cui il Giudice, in accoglimento della domanda del lavoratore, ritenga eccessiva la sanzione già inflitta, l’applicazione di una pena minore è legittima, non sottraendo autonomia all’imprenditore e realizzando l’economia di un nuovo ed eventuale giudizio, avente a oggetto la stessa. (Cass. 13/4/2007 n. 8910, Pres. Mercurio Est. Roselli, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Nicola Ghirardi, “Il Giudice può applicare una sanzione disciplinare meno grave di quella irrogata, se vi presta consenso il datore di lavoro convenuto”, 885 e in Dir. e prat. lav. 2008, 427)
- In materia di sanzioni disciplinari, la valutazione della condotta del lavoratore in riferimento agli obblighi di diligenza e fedeltà deve essere compiuta tenendosi conto anche del disvalore ambientale che la condotta stessa assume e, viceversa, della funzione di dissuasione contro il ripetersi di mancanze dello stesso tipo, peculiarmente svolta dal procedimento disciplinare. (Cass. 23/10/2006 n. 22708, Pres. Sciarelli Est. Nobile, in Riv. it. dir. lav. 2007, con note di Muggia e Cannati, 464)
- Il requisito dell’immediatezza della contestazione degli addebiti, quale principio che condiziona il procedimento disciplinare, si fonda sulla necessità di garantire il diritto di difesa del lavoratore e di consentire allo stesso di discriminare tra condotte irregolari e non permesse e condotte corrette e doverose. Non è consentito al datore di lavoro di cumulare gli addebiti e contestarli dopo un lungo periodo di tempo, sia per l’obbligo di garantire al lavoratore un’adeguata replica, obiettivamente pregiudicata a distanza di molti mesi dai fatti, sia al fine di evitare una sommatoria di addebiti che rendano complessivamente più grave la contestazione. (Trib. Milano 27/5/2003, Est. Marasco, in Lav. nella giur. 2004, 91)
- Qualora, in sede di indagini preliminari dirette ad accertare la commissione di un illecito disciplinare, il datore di lavoro riceva la spontanea confessione da parte del lavoratore, non si verifica alcuna violazione dell’art. 7, Stat. lav. in ordine alla preventiva contestazione dell’addebito, atteso che detto atto presuppone la conoscenza dei fatti e l’individuazione del soggetto cui attribuirli e non può, quindi, precedere, ma solo, eventualmente, seguire il compimento e la valutazione degli accertamenti preliminari. Ne consegue che deve escludersi che l’avvio delle indagini preliminari, nel corso delle quali venga convocato il lavoratore, valga ad integrare anche l’inizio del procedimento disciplinare a carico dello stesso. (Cass. 20/1/2003, n. 772, Pres. Ianniruberto, Rel. Lamorgese, in Lav. nella giur. 2003, 579)
- In virtù dei principi di proporzionalità -intesa come progressività-, di tempestività, di correttezza e buona fede, la tolleranza del datore verso condotte sanzionabili (contestate ma non punite) comporta acquiescenza e preclude l’immediata irrogazione del provvedimento espulsivo per il medesimo addebito. (Tri. Milano 19/7/2002, Est. Marasco, in D&L 2002, 988, con nota di Matteo Paulli, “La tolleranza di condotte sanzionabili determina acquiescenza”)
- Il vincolo fiduciario si amplia in relazione alle specifiche mansioni svolte dal lavoratore e, conseguentemente, più elevato è l’affidamento e maggiormente severa è la valutazione di un illecito comportamento del dipendente. (Corte d’Appello Salerno 17/6/2002, Pres. Casale, Est. Vignes, in Lav. nella giur. 2003, 147, con commento diEdoardo Rossi)
- Nel giudizio di legittimità sulla sanzione il giudice del merito ha il potere di convertire la sanzione “espulsiva” in una sanzione “conservativa” qualora ritenga la sanzione comminata dal datore di lavoro non proporzionata rispetto all’infrazione contestata (Trib. Benevento 4/7/01 ordinanza, pres e est. Piccone, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 1061, con nota di Salomone, Tre questioni sul procedimento disciplinare nella P.A.)
- La documentazione alla quale il lavoratore soggetto a procedimento disciplinare ha diritto di accedere per poter approntare un’adeguata difesa, in relazione alla contestazione disciplinare mossagli, è esclusivamente quella avente diretta e precisa connessione con gli addebiti oggetto della contestazione, e non altra e diversa documentazione che pure, a giudizio dello stesso lavoratore, potrebbe risultargli utile consultare (Cass. 27/10/00, n. 14225, pres. e est. Mercurio, in Lavoro giur. 2001, pag. 139, con nota di Mainardi, Contestazione e diritto di accesso ai documenti connessi agli addebiti disciplinari; in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 538, con nota di Borelli, Specificità della contestazione e obbligo di documentazione)